[36TFF] La recensione di La Maman et la Putain
Il Torino Film Festival è iniziato, e tra le numerose retrospettive offerte, ne presenta una su un autore forse sconosciuto ai più: Jean Eustache. Questa è la recensione del suo film più famoso, La Maman et la Putain.
Alexandre vive le sue giornate e la sua vita con una donna con cui ha un rapporto principalmente sessuale, ma è ancora innamorato della sua vecchia fiamma che presto si sposerà. Inizia, quindi, una relazione con l’infermiera Veronika che cambierà completamente la sua vita.
Alexandre è interpretato dall’attore Jean-Pierre Leaud, icona dei film della Nouvelle Vague e interprete di numerosi film per Truffaut, che sarà presente qui a Torino per ritirare un premio.
Alcuni film sono eterni, altri rappresentano precisamente il periodo storico a cui appartengono e, passando gli anni, perdono di carica e di pertinenza: La Maman et la Putain è uno di questi ultimi.
Il film è lunghissimo, un’opera di 3 ore e 45 minuti con dialoghi fitti e piani sequenza interminabili, ma non risulta mai noioso o pedante. La perdita avviene, però, sul piano sociale: sconvolgente per quei tempi, parliamo del 1973, subito dopo i cambiamenti sociali del ’68, adesso appare quasi ingenuo e fintamente provocatorio.
La Maman et la Putain all’epoca vinse il premio principale al Festival di Cannes, ma l’autore non raggiunse mai la notorietà che forse meritava, preferendo una certa coerenza artistica che non ha mai sfondato nel grande pubblico. Si nota un’importante cambiamento di tono dall’inizio alla fine del fine: molto leggero e frizzante al principio, la pellicola si incupisce nei toni arrivando verso il finale.
L’Alexandre del film è un antesignano dell’uomo metrosexual dei nostri tempi, efebico nell’aspetto, quasi femminile, ma molto maschile nei modi, soprattutto nelle parole. A tratti insopportabile, il protagonista pare non lavorare mai, campando sulle spalle delle donne che lo accolgono, quasi come un parassita.
Il film è una ronde d’amour, dove si parla molto di sesso, di amore, di affetti ma le azioni disegnano una aridità emotiva impressionante, quasi come per sporcare il senso intrinseco delle parole.
Apprezzabile per un pubblico che non si spaventa di una lunghezza così esagerata e da un parlato praticamente eterno, il film è in bianco e nero, con una fotografia opaca e anonima, La maman et la putain è un’opera interessante ma che ha fatto chiaramente il suo tempo. Da vedere soprattutto con un animo archeologico per capire meglio il cinema che fu.
Il Trailer
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