Il Torino Film Festival, come ogni anno, dedica una fetta consistente del suo programma ai documentari, a tal proposito oggi vi parliamo di 143 Sahara Street, diretto da Hassen Ferhani. Questa è la recensione.
Malika vive sul bordo della strada che attraversa il Sahara algerino. Qui accoglie i numerosi visitatori per vendere snack, uova, sigarette o fare solo quattro chiacchiere.
COMMENTO
Il bel documentario di Ferhani mostra una realtà difficile come quella del deserto sahariano, soprattutto per una donna che vive sola e ci lavora sola. Il regista utilizza la telecamera fissa puntata sul tavolo dell’attività di Malika e registra i discorsi che la donna fa con gli avventori.
Malika appare come un personaggio estremamente interessante, pur essendo grande di età e un po’ corpulenta, porta avanti l’attività e accoglie ogni tipo di visitatore.
Non di sovente, ma con buona efficacia narrativa, il regista fa vedere cosa vede Malika dall’interno del suo chiosco, e lo fa creando uno strano effetto 4:3, come se fosse una televisione. In altri casi la telecamera inquadra il chiosco dall’esterno o mostra i lavori del distributore di benzina che stanno costruendo proprio a ridosso del chiosco.
Malika è un bellissimo personaggio, vive da sola lì, non ha famiglia, anche se in alcuni casi parla di una figlia persa. In un’altra sequenza arriva una donna polacca che viaggia da sola e, tra le due, Malika vince chiaramente il confronto per autenticità.
In una scelta così statica, Ferhani riesce a confezionare un ottimo documentario che tiene incollati per un’ora e mezza senza noia, capace di portare sullo schermo una realtà inedita e un personaggio interessantissimo.
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