37TFF – Recensione Ordet – La parola, il film di Carl Theodor Dreyer
Tra i film parte della cinquina portata da Carlo Verdone alla 37° edizione di Torino Film Festival questa sera vi parliamo di Ordet – La parola.
Diretto da Carl Theodor Dreyer nel 1955, il film fu vincitore del Golden Globe come miglior film straniero, e del Leone d’oro al Festival del Cinema di Venezia. Questa è la nostra recensione.
In una fattoria danese vive una famiglia composta dal padre, tre figli e la nuora, con due bambine a seguito. Uno dei figli afferma di essere Gesù, tornato tra i mortali, ma nessuno gli crede, fino a che la tragedia non rimetterà in discussione tutto.
COMMENTO
Girato in un bellissimo bianco e nero, Ordet è uno dei film migliori della filmografia di Dreyer, caratterizzata da grande essenzialità visiva ed un forte sentimento religioso. A tal proposito, del regista non possiamo non ricordare il possente La passione di Giovanna D’Arco e il bellissimo Dies Irae, opere estremamente attuali e magistrali.
Il film di Dreyer è quasi tutto girato in interno, con la ripresa a tre pareti, tipica delle sitcom americane moderne, mostrando palesemente la natura teatrale del racconto da cui è tratto.
Ordet racconta di come spesso, nella spiritualità, i meno credenti nella forza divina siano i devoti stessi che, con la loro mentalità ristretta, non riescono a chiedere a Dio tutto ciò che lui veramente potrebbe fare per i mortali.
L’opera di Dreyer, però, non parla solo di questo, è un film complesso, ma non pesante, ricco di sottotesti che ognuno di noi può leggere tra le righe e guardando il film. E’, anche, un film dall’immenso potere filmico in cui racchiude scene girate magistralmente, tipiche dello stile di Dreyer.
Per chi ama il cinema, per chi non lo ama, per chi da un film chiede qualcosa di più del semplice intrattenimento, Ordet è una pellicola da non perdere e da guardare con la mente pulita e gli occhi spalancati.
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