Recensione della seconda stagione di After Life, la serie di Ricky Gervais
Vi proponiamo oggi la recensione della seconda stagione di After Life, la serie Netflix con Ricky Gervais.
Il Covid-19 ha bloccato gran parte della post-produzione delle serie tv. Nonostante questo, Netflix ha rilasciato – priva di doppiaggio italiano – la seconda stagione della graffiante After Life, black-comedy in stile british con Ricky Gervais, mattatore a tutto tondo.
Torna Tony (Ricky Gervais) col suo drammatico fardello sulle spalle. I personaggi che abbiamo imparato a conoscere nel corso della prima stagione instaureranno, in questa seconda, un rapporto sempre più stretto col protagonista e con il suo particolare superpotere. Tony sarà sempre in bilico fra il sopravvivere ed il farla finita, dispensando nel frattempo consigli ad amici e parenti, riuscendo ad infondere loro quella voglia di vivere che manca a lui dalla morte di Lisa (Kerry Godliman).
Commento. Sei episodi anche per questa seconda stagione, e tutti della durata di circa trenta minuti, brevi ma intensi. In alcuni casi provocano, d’improvviso, una stretta al cuore, per poi regalarti subito dopo quell’attimo di sano e graffiante humor inglese.
Ricky Gervais è ancora la mente pulsante di After Life, sua l’idea, sua la regia ed il ruolo di protagonista. Guardando gli episodi, e l’enfasi con cui l’attore porta sullo schermo il proprio personaggio, viene da domandarsi se la commedia sia ispirata a qualcosa che afferisce alla vita privata di Gervais, ipotesi, però, che lo stesso protagonista ha categoricamente smentito.
In ogni caso la profondità che questa serie regala è ben espressa anche nella nuova stagione. Mai banale, mai sopra le righe. Sempre ben recitata, con un cast ben equilibrato ed alcuni personaggi volutamente caricati. Fra questi possiamo annoverare Pat il postino (Joe Wilkinson), lo psicanalista (Paul Kaye) e Brian (David Earl).
Le vicende ruotano attorno alla disperata ricerca di un perché al continuare a vivere da parte di Tony. Il tormento che il protagonista sfocia spesse volte in atti di sincera e generosa amicizia nei confronti degli altri frequentatori della redazione del Tambury Gazette. Ricky Gervais, ora nel ruolo di showrunner e regista, riesce a regalare diversi momenti di saggezza e poesia in questi frangenti.
Nel cast anche David Bradley e Penelope Wilton che, pur recitando pochissime battute, riescono a lasciare il segno nello show.
La fotografia, sempre perfetta si sposa bene con le vicende che vengono raccontate. La colonna sonora, curata da Andy Burrows, si integra nel contesto narrativo, lasciando lo spettatore, spesso, col groppo alla gola.
Appena iniziata è già finita, questo l’unico difetto di una serie, After Life, che ha nella brevità degli episodi e delle stagioni il suo pregio e la sua nemesi. È un peccato dover salutare dopo solo 3 ore le vicende di Tony, del cane Brandy e di quel microverso che li accompagna.
Gervais è stato chiamato già in causa per un’ulteriore stagione, il regista ha fatto sapere che non esclude di tornare a lavorare su After Life anche perché è particolarmente legato al mondo che ha creato intorno a Tony e ai possibili sviluppi che ogni personaggio potrebbe avere. Ciononostante Gervais ha rivelato che una nuova stagione vedrà la luce se e solo se ci sarà richiesta da parte del pubblico.
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