Lapsis Film Recensione

Lapsis: Recensione del film diretto da Noah Hutton

Lapsis è un film diretto da Noah Hutton, ed è stato presentato ieri alla 20° edizione del Trieste Science+Fiction Festival. Questa la nostra recensione.

Film d’esordio alla regia in un lungometraggio di Noah Hutton, Lapsis ha come protagonista l’attore Dean Imperial, al suo debutto cinematografico.

In un presente alternativo, negli USA, i computer quantistici sono diventati importanti ed onnipresenti. La necessità di cablare nuove interconnessioni fra i vari Cubi, che costituiscono gli algoritmi di elaborazione di queste super macchine, porta molti precari a cercare fortuna come cablatori stagionali. Guadagni importanti in un breve lasso di tempo, spingono i ceti meno abbienti a sacrificarsi per trasportare i cavi in percorsi impervi e dissimilati di pericoli. Ray Tincelli (Dean Imperial) lavora come corriere e si occupa di suo fratello, affetto da una malattia ignota denominata Omnia. Per cercare di pagare cure costose, decide anch’egli di cablare e lo fa attraverso un contatto, Felix (James McDaniel), che gli procura un “medaglione” per vie traverse. Il medaglione si scopre presto, essere appartenuto ad un uomo il cui nickname era Lapsis Beeftech. Ma chi era questo cablatore e perché il solo nominarlo porta Ray ad essere odiato?

Pellicola di denuncia con i toni della commedia. Hutton, da documentarista esperto, mette in piedi un ottimo lungometraggio al suo esordio. Divertente, pieno di ritmo e di situazioni paradossali, Lapsis mette a nudo i problemi di una nazione e del mondo del precariato con argute stilettate alla gig economy.

Il regista, con Lapsis, crea un presente alternativo con un protagonista che mal accetta l’innovazione tecnologica, convinto che non porti benefici ma solamente problemi. Hutton mostra il cambiamento a cui è costretto a sottostare Ray, pur di poter curare il fratello, e lo fa non soltanto con la narrazione ma anche con una colonna sonora fatta divenire essa stessa uno strumento di narrazione. Due registri musicali differenti scandiscono infatti il racconto. Nella prima parte, una musica aderente al personaggio di Ray che è fuori dalla tecnologia, pezzi vintage come è più che vintage Ray. Quando, poi, viene proiettato nel mondo attuale del cabling, ovviamente la colonna sonora si fa molto più atmosferica e sinistra, proprio a sottolineare la minaccia tecnologica che circonda tutti i personaggi, e che li mette in competizione per lavori, più che umili, con dei droni a basso costo.

Ottima la prima anche per Dean Imperial. Per certi aspetti la sua prova somiglia ad un mix fra Homer Simpson e Drugo. Il suo Ray, nonostante le difficoltà, fa di tutto per dare un futuro al fratello, scoprendo in sé una insospettabile forza d’animo. Completamente inadatto alla vita all’aperto ed alla tecnologia di base, il personaggio subisce una trasformazione ben rappresentata dall’interpretazione di Dean Imperial. Siamo curiosi di rivederlo presto sullo schermo per vederlo in ruoli a lui meno congeniali.

Bene anche la prova recitativa di Madeline Wise. Formatasi all’accademia di arte drammatica di Londra, la Wise ha nel repertorio molte pièce teatrali ed alcune apparizioni in serie TV. Qui ci ha colpito per presenza scenica ed un ritmo comico naturale. Ben recitato il cameo di James McDaniel.

Classificazione: 3.5 su 5.


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