Per l’8 marzo, Universal Movies celebra il girl power al cinema
Oggi, 8 marzo, è la festa della donna. Noi di Universal Movies abbiamo pensato di rendere omaggio all’universo femminile ripercorrendo alcuni ruoli femminili diventati iconici nel corso del tempo e nei generi più disparati. Donne che, sul grande schermo, hanno dimostrato di non essere in alcun modo assoggettate al maschio, ma anzi di essere state in grado di ritagliarsi un posto d’onore – e meritato – nella storia del cinema.
C’era una volta la diva. Donne come Greta Garbo, Rita Hayworth e Marilyn Monroe (solo per citarne alcune) rappresentavano la bellezza eterea, irraggiungibile dall’uomo il quale poteva solo desiderarle. Attorno a loro, si muovevano storie, uomini ed eventi: come non ricordare film come Gilda o Quando la moglie è in vacanza?
Negli anni ’60 e ’70, il ruolo della donna, come d’altronde il cinema, assunse un’aura più vicina al sociale, per cui le attrici non interpretarono più bellezze inarrivabili, ma donne comuni e vicine alla realtà quotidiana. Figure imprescindibili per questo nuovo tipo di rappresentazione della donna al cinema sono Anna Magnani e Sophia Loren. La prima, più realista e, volendo, meno bella ma con una passione terrena che colpisce ancora oggi, è stata la prima attrice italiana a vincere un Oscar (per il film La rosa tatuata). La Loren – vincitrice dell’Oscar per La ciociara – incarna invece tutta la bellezza mediterranea divenendo il simbolo della donna italiana nel mondo.
Una delle figure cardini nel cinema americano e del cambio di rotta nella figura femminile al cinema è quella incarnata da Jane Fonda che vinse un Oscar per avere interpretato una giovanissima prostituta in Una squillo per l’ispettore Klute. Da questo momento, il girl power al cinema si fece più forte e l’emancipazione arriva a compimento.
Uno dei primi esempi di girl power in un film è quello rappresentato dal personaggio di Ripley interpretato da Sigourney Weaver nel film Alien di Ridley Scott: in questo caso, è una donna forte e determinata l’unica in grado di far fronte a una mortale creatura aliena. Anche il cinema di genere si apre all’universo femminile come mai prima d’ora.
Negli anni ’80 si fecero avanti nuove attrici pronte a lasciare un segno indelebile nel cinema e nell’immaginario collettivo di tutto il mondo. Meryl Streep, con le sue interpretazioni carismatiche in grado di affrontare qualsiasi ruolo in qualsiasi genere cinematografico, rappresenta tuttora il punto di arrivo e il sogno di ogni attrice emergente. Forte della sua valenza nel cinema, l’attrice non ha mai nascosto il suo idealismo politico, sfociato in un memorabile discorso anti-Trump durante gli ultimi Golden Globes.
Ma gli anni ’80 sono anche quelli di Jodie Foster, ex bambina prodigio voluta da Martin Scorsese per interpretare la giovanissima prostituta Iris in Taxi Driver. Ma è con Sotto accusa (1988) che la Foster interpreta uno dei ruoli più toccanti della sua carriera, vincendo l’Oscar come miglior attrice. Nel film, ispirato a una storia vera, l’attrice interpreta una giovane vittima di uno stupro. La scena in questione, di una sgradevolezza e di un realismo quasi scioccanti, resterà impressa nella mente degli spettatori per molto tempo.
Gli anni ’90 si aprono con due film che fanno del ruolo della donna il vero fulcro narrativo attorno al quale si sviluppano le azioni. I due film, entrambi del 1991, sono Il silenzio degli innocenti e Thelma & Louise. Il primo, avente come protagonista sempre la Foster, è un thriller psicologico che penetra nelle menti dei personaggi e che fa di Clarice Starling una vera e propria eroina che si trova faccia a faccia con un uomo, Hannibal Lecter, che la farà guardare dentro se stessa per risolvere il caso. Thelma & Louise, invece, è la storia di due donne che fuggono dalla triste routine verso una ricerca (effimera) della felicità. Le donne di tutto il mondo si sono riconosciute in queste due eroine loro malgrado, e si sono commosse per la forza con cui affrontano gli eventi che diventano sempre più impossibili da gestire, sfociando in un fermo immagine finale che ha la potenza di un pugno nello stomaco ma che simboleggia un’amicizia che non avrà mai fine.
Se molti ritenevano il cinema di Quentin Tarantino di marca prettamente maschile, con il dittico di Kill Bill il regista ha dimostrato di essere un abile ritrattista di donne forti e determinate. Lo aveva già in parte dimostrato con Jackie Brown, ma il personaggio de La Sposa interpretata da Uma Thurman disposta a uccidere chiunque si metta tra lei e Bill, non solo è un omaggio all’attrice, ma anche un ottimo esempio di emancipazione femminile dal cliché che vuole questo genere di film interpretato solo ed esclusivamente da uomini. Di conseguenza, l’omaggio è anche verso quel cinema degli anni ’70 di cui Pam Grier (protagonista di Jackie Brown) si era fatta portavoce.
Ancora Tarantino è il creatore del personaggio di Shosanna (Melanie Laurent), ragazza ebrea in Bastardi senza gloria scampata da piccola all’assassinio della sua famiglia per mano del colonnello delle SS Hans Landa. La sua vendetta, consumata in un cinema, è tra i momenti più memorabili del cinema tarantiniano e vera emblematizzazione del girl power negli ultimi anni in grado persino di cambiare la Storia.
Ma la realtà non si dimentica, come ci ricorda Julia Roberts in Erin Brokovich, donna sempre in bolletta e con tre figli a carico che ingaggia una battaglia contro una potente compagnia rea di aver inquinato le falde acquifere e di aver provocato il cancro ai residenti della zona. Un eroina dei nostri tempi, una Davide al femminile che combatte contro il potente Golia. Realtà storica che è anche al centro di Il diritto di contare, il film di Theodore Melfi in uscita oggi sulle tre donne di colore che hanno avuto un ruolo fondamentale alla Nasa nella corsa allo spazio.
Poi ci sono le eroine della fantasia in grado di combattere gli zombi come Alice Abermathy interpretata da Milla Jovovich in Resident Evil, o capaci di partecipare a crudeli giochi di sopravvivenza come Katniss Everdeen (Jennifer Lawrence) in Hunger Games per ristabilire il potere del popolo da troppo a lungo sopruso dai poteri forti.
Reali o immaginarie, le donne al cinema hanno rappresentato – e rappresentato tuttora – la vera forza con cui possiamo tutti evadere dalla realtà, quella della cronaca nera che ci riporta, purtroppo troppo spesso, casi in cui è la donna a soccombere alla violenza e alla crudeltà dell’uomo. Al cinema non sempre è stato così, e così non dovrebbe essere nemmeno nella vita vera.
Auguri a tutte le donne!
Ecco il trailer di Il diritto di contare, da oggi al cinema.
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