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Il Cinema Invisibile – Spell: Dolce mattatoio di Alberto Cavallone

Per la rubrica Il Cinema Invisibile, oggi ci occupiamo di Spell – Dolce mattatoio (conosciuto anche col titolo L’uomo, la donna e la bestia), film diretto nel 1977 da Alberto Cavallone, regista di film quali Le Salamandre, La Tenda Rossa e Zelda.

In un piccolo paese del Lazio, mentre fervono i preparativi per una festa religiosa, s’intrecciano varie storie legate alle personalità più disparate: un comunista in crisi ideologica e personale non può far altro che assistere impotente alle crisi di pazzia manifestate dalla moglie in un’escalation di erotismo, ninfomania e autolesionismo; un macellaio è attratto dalle grazie di una giovane ma non riuscendo a manifestare il suo amore pratica atti di autoerotismo nella cella frigorifera; un’adolescente fugge di casa dopo aver rivelato alla propria madre di essere incinta e che il padre del bambino è proprio suo padre. Altre storie verranno mostrate, ma un vagabondo appena giunto in città, diventato l’idolo dei ragazzi per la sua abilità con la fionda, romperà i già precari equilibri (sessuali e non solo) che si nascondono dietro la facciata di perbenismo e apparente bontà.

A prima vista, una trama così sembrerebbe far parte di quel filone tutto italiano della commedia erotica e/o pecoreccia di Alvaro Vitali & Co fatta col solo scopo di garantire uno spettacolo sexy allo spettatore. Nulla di più sbagliato. Spell – Dolce mattatoio, sceneggiato dallo stesso regista, rappresenta la valvola di sfogo (emblematizzata dalla figura del vagabondo) di ciò che si nasconde dietro la coltre di fumo issata dalle persone per nascondere i loro segreti più reconditi. Per questo motivo, a scene tipicamente felliniane, si alternano momenti in cui emerge un erotismo che è tutto fuorché eccitante, tanto è disturbante e senza speranze.

Il discorso che Cavallone affronta, ovvero quello di una società che ha perso ogni coordinata di se e viaggia allo stato brado, viene applicato a una piccola provincia, a mo’ di sineddoche, ma il tutto non può non essere valido per parlare di una nazione che pure ha smarrito la bussola e qualsiasi orientamento sessuale, sociale, psicologico e politico (e di tutto questo si fa portatore il personaggio del comunista, non più capace di credere nei propri ideali e incapace di ridare alla moglie una dignità) viene presto cancellato o fatto crollare.

Spell (locandina)Per fare ciò, il regista si avvale di citazioni inusuali per l’epoca, e anche per noi oggi, sia visive che dialogiche: impossibile non riconoscere un rimando a L’Origine du monde di Gustave Courbet, dipinto che scandalizzò i benpensanti e i perbenisti negli anni Sessanta dell’Ottocento, così come scandalizzò il film di Cavallone nell’Italia di fine anni Settanta: questi, però, erano gli anni di piombo, anni in cui l’emancipazione era già assodata e la sessualità non era più un tabù. O, meglio, lo era se applicata in questo modo, senza possibilità di godimento ma come mezzo per mostrare la bestialità degli uomini (e delle donne) all’interno di una situazione che si fa via via più pressante. Come pure riconoscibile, alla pari di Courbet e per noi che guardiamo il film con distanza critica, è la citazione di Georges Bataille, soprattutto la Storia dell’occhio: in quanti, all’epoca, potevano cogliere allusioni del genere?

Così, ciò che ha fatto Cavallone con Spell – Dolce mattatoio è paragonabile a quanto fatto da Stanley Kubrick pochi anni prima con Arancia Meccanica, ovvero la commistione di un linguaggio “alto” (Beethoven e Pop Art in Kubrick, Courbet e Bataille in Cavallone) con un’ambientazione o una rappresentazione bassa degli istinti (e, per estensione, degli uomini): la violenza (linguaggio basso) unita alla mente umana (linguaggio alto).

Un film come questo sarebbe impensabile oggi, ma probabilmente, eccenzion fatta per qualche elemento ormai anacronistico, il film verrebbe realizzato allo stesso modo perché gli elementi sociali, psicologici e politici sono gli stessi, come lo stesso è il perbenismo che ammanta tutto ma che nasconde malesseri repressi.


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