[Star Trek: Discovery] Un settimo episodio all’insegna dell’amarcord
Il settimo episodio di Star Trek: Discovery, intitolato Toglie di senno fin anche i più saggi, mi ha fatto scendere la lacrimuccia.
Dopo pochi minuti su Netflix, come tutti i trekker, ho riconosciuto immediatamente l’amarcord, l’omaggio ad una delle storiche puntate di The Next Generation. Infatti questo gradevole episodio di Discovery è chiaramente tratto da Cause and Effect (titolo italiano: Circolo Chiuso), diciottesimo capitolo della quinta stagione di TNG. In entrambi i casi l’equipaggio si trova alle prese con un loop temporale nel quale gli stessi eventi catastrofici si ripetono in continuazione fino a quando qualcuno riesce a trovare un modo per risolvere l’enigma. Scelta azzeccatissima da parte degli sceneggiatori che, dopo molte critiche iniziali, hanno dimostrato di avere a cuore anche coloro che da mezzo secolo seguono con passione Star Trek.
Certo amiche e amici trekkiani, voglio mettere le cose in chiaro, per me certi traguardi sono inarrivabili. La partita di poker tra Worf, Riker, Data e la Dottoressa Chruser, scena iniziale dell’episodio da cui è tratto quello attuale di Discovery, è un capolavoro assoluto. Il party a bordo della nave con Ash Tyler, il cadetto Tilly e Burnham, per quanto possa essere originale, non si avvicina neanche lontanamente a quelle vette di genialità narrativa.
Ciò non toglie che questo settimo episodio mi sia piaciuto molto sia nell’idea alla base, apprezzatissima da noi trekker, che nella realizzazione. Ancora una volta sono davvero contento che gli sceneggiatori abbiamo scelto di dare un break al tema della guerra tra Klingon e Federazione con un altro episodio interlocutorio. Come ho detto mille volte, questo è Star Trek, non “ammazza il marziano e fuggi con la pupa”. Quindi dopo tre o quattro puntate di fila in cui non si fa altro che sparare siluri fotonici serve qualcosa che spezzi il ritmo, che inviti il telespettatore a riflettere. Bene così, complimenti a produttori e sceneggiatori.
Congratulazioni anche per la scelta di approfondire Harry Mudd, già noto ai fan per la sua apparizione in The Original Series e perfetto archetipo dei grandi guest star che hanno contribuito in maniera decisiva alla grandezza di Star Trek. Gran parte del merito per la riuscita di questo episodio va alla performance dell’attore che interpreta Mudd, Rainn Wilson, semplicemente strepitoso. Non so se questo tizio sia un fan della serie, un trekker, ma la sua capacità di essere un personaggio incredibilmente trekkiano, è notevole. Ragazzi forse non riesco a spiegare quello che sto dicendo, ma sono sicuro che i veri appassionati hanno capito cosa intendo. Vedi Mudd e ti sembra perfettamente integrato nel mondo Star Trek. Poi vedi il capitano Philippa Georgiou (Michelle Yeoh) e già dopo la prima scena dici: “questa con Star Trek non c’entra una beata ceppa”.
Oltre a Mudd, strapromosso il tenente Stamets in versione pazzo scatenato e unico a rendersi conto di essere finito in un loop temporale. Anthony Rapp è veramente un interprete che sa dare carattere al suo personaggio e che, probabilmente, diventerà presto uno dei beniamini dei fan. Ho i miei seri dubbi che questo accadrà mai per la protagonista, Michael Burnham, sulla quale continuo a nutrire dubbi allarmanti. Nonostante questo episodio fosse scritto e diretto molto bene, la recitazione meccanica di Sonequa Martin-Green ha tolto parecchio pathos all’intera vicenda. Non riesce proprio a levarsi quel volto antipatico e ingiustificatamente igrugnito mentre recita. In ogni episodio gli sceneggiatori cercano di aggiungere un tassello alle sue vicende, di renderla più familiare, più armoniosa, ma non c’è niente da fare. E’ un caso disperato.
A sua parziale discolpa devo dire che – ALLERTA SPOILER – l’idea di partire subito con il bacio al tenente Tyler dopo neanche due episodi dal loro primo incontro mi è sembrata piuttosto forzata, scontata e fuori luogo. Metteteci pure che questo Ash Tyler (Shazad Latif), per carità, bellissimo ragazzo, ma per ora non mi sembra un personaggio particolarmente originale o interessante. Non per fare sempre paragoni con il passato, ma se a bordo di una nave federale ci deve essere un latin lover, prendo tutta la vita la classe del dottor Bashir.
Malgrado alcuni personaggi siano, almeno per ora, tutto fuorché memorabili, l’episodio è stato nel complesso però molto soddisfacente. Complice anche un epilogo che più trekkiano e più amarcord non si poteva, ambientato nella mitica sala del teletrasporto. I fan degli Star Trek del passato, pur continuando a nutrire dei dubbi su alcuni aspetti della serie, non possono non aver sentito il brivido durante la visione di questo settimo capitolo. Dalla settimana prossima, ed è giusto così nel 2017, c’è da attendersi un ritorno alla trama principale e al sanguinoso conflitto tra la Federazione e i Klingon.
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