Questa che vi presentiamo è la nostra recensione di Bojack Horseman, la serie animata prodotta dal colosso dello streaming Netflix.
Non avevo mai recensito una serie tv. La voglia di farlo aumentava di giorno in giorno, a partire da quando questo pensiero si era inserito prepotentemente nella mia testa. Il punto è che non riuscivo a trovare qualcosa che mi facesse davvero balzare dalla poltrona con quell’inguaribile voglia di accendere il pc e buttare giù qualche riga a riguardo.
Breaking Bad, Game of Thrones, Twin Peaks, The Walking Dead, House of Cards, Stranger Things … da quale cominciare? Quando ci si immerge nel mondo delle serie tv, si scopre un mare magnum vorticoso da cui si è inevitabilmente risucchiati.
Navigando su diversi blog del settore, la mia attenzione è ricaduta su una serie animata che, a detta della maggior parte degli spettatori, presentava un’ironia accattivante, sulla scia di storici predecessori come I Griffin e American Dad, sostenuta da continui accenni di satira: Bojack Horseman.
Un cavallo antropomorfe è in piena discesa di popolarità da quando la sitcom Horsin’ Around, di cui era protagonista, ha chiuso i battenti. La sua vita di rendita si svolge ai margini di Hollywoo(d), in una passiva viziosità che da oltre vent’anni lo costringe ad un’esistenza nell’ombra del suo alter ego, quella super star anni ’90 ormai defunta. La depressione, l’alcol e le droghe rischiano di farlo sprofondare da un momento all’altro dall’orlo del precipizio e ogni persona che lo circonda non sembra essere in grado di rimetterlo in sesto.
Con una storia personale travagliata, che di fatto è la matassa da sbrogliare stagione dopo stagione, Bojack Horseman condivide praticamente ogni sua avventura con personaggi che sono tutto fuorché comprimari, come Todd Chavez (voce originale di Aaron Paul), giovane nullafacente a cui Bojack fa spesso affidamento per evitare la solitudine, ma che spesso si rivela un consigliere dall’inaspettata saggezza. Molto importanti anche le figure di Princess Carolyn, una gatta persiana senza figli e fidanzata a singhiozzo di Bojack, desiderosa di fare da crocerossina a chiunque veda in difficoltà per aumentare la propria autostima; Mr. Peanutbutter , un labrador attore fin troppo allegro e spensierato per piacere a Bojack, senza contare che la sitcom di cui era protagonista lottava con “Horsin’ Around” per il picco di ascolti; infine Diane Nguyen, nostalgica scrittrice e moglie di Mr. Peanutbutter, la quale vive una relazione di profonda empatia con Bojack, finendo spesso in situazioni ambigue.
Le stagioni disponibili sulla piattaforma Netflix sono quattro, ma Bojack non ha ancora ultimato la sua ricerca della felicità. Che sia la quinta stagione in arrivo quella buona?
Le colonne sonore mai banali ci conducono in un’esperienza emozionale molto soggettiva: le vicende dei personaggi si intrecciano alle nostre in maniera ineluttabile. Il punto cardine di questa serie animata è quello di raggiungere uno stadio di comprensione dei personaggi impossibile da toccare senza spiegare i rispettivi trascorsi di vita, con i protagonisti che pian piano sono denudati da ogni maschera. Questo cartone animato parla di tutti noi, ci capisce e ci fa sentire meno soli senza illuderci.
Bojack Horseman non si rivela certo un essere dal cuore d’oro, ma di puntata in puntata è sempre più vicino a quel lato umano che all’inizio era sommerso di bile.
‘Se non sono gigli, son pur sempre figli vittime di questo mondo’.
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