La Bottega del Cineasta – Le Recensioni di Insidious 4, Wolf Creek 2 e The Open House
Torna dopo una lunghissima assenza la nostra rubrica dedicata alle mini-recensioni cinematografiche. La Bottega del Cineasta riapre i battenti mirando al cuore dei più impavidi con tre film dal forte tono horror. I film recensiti questa notte sono Insidious: L’ultima Chiave, Wolf Creek 2 e The Open House.
Wolf Creek 2 è un horror del 2013 scritto e diretto da Greg McLean, con un cast formato da John Jarratt, Ryan Corr e Shannon Ashlyn. Secondo capitolo di film discretamente riuscito nel 2005, e basato su fatti realmente accaduti in Australia negli anni novanta, Wolf Creek 2 si presenta come il classico sequel pronto a lanciare una nuova saga, ma privo di nuove idee capaci di giustificare tale obiettivo.
La regia di McLean (già autore del primo film) non aggiunge qualità ad un titolo privo del benchè minimo spunto di originalità. Non va meglio alla sceneggiatura, scritta a quattro mani con Aaron Sterns, la quale finisce per ripetere strade già battute dal primo capitolo, senza stavolta riuscire nell’intento di appassionare il pubblico. Il protagonista John Jarratt sembra essere tagliato per il ruolo, ma purtroppo la mancanza di una storia originale ne limita il potenziale, anche se in certe occasioni ci prova a trascinarsi sulle spalle il peso dell’intera pellicola.
A nostro avviso Wolf Creek 2 è un titolo che avrebbe tranquillamente potuto essere evitato, pertanto il voto non raggiunge neppure la sufficienza.
(Voto 1.5 su 5)
The Open House è una produzione originale Netflix, la regia è stata affidata a Matt Angel e Suzanne Coote. Nel cast Dylan Minnette, Piercey Dalton e Patricia Bethune. Una famiglia viene distrutta da un incidente mortale, da quel momento una donna e suo figlio scelgono di vendere la casa a causa dei debiti ed andare a vivere da una parente, in un paesino molto lontano dalla città. La particolarità della casa che li ospita è che rappresenta una Open House, ovvero una volta alla settimana l’immobile viene mostrato al pubblico, nonostante la presenza degli inquilini.
Anche in questo caso, sin dai primi minuti ci si rende conti di trovarsi dinanzi un titolo privo di originalità. La pellicola gioca sul rapporto difficile tra madre e figlio dopo la tragica morte di colui che manteneva l’armonia in una famiglia già piena di difficoltà, ma ciò che ne sussegue è un thriller che si nutre principalmente di luoghi comuni e clichè da horror trito e ritrito. Non esistono colpi di scena, o meglio non quelli che ci si aspetterebbe da uno slasher movie di qualità, la sceneggiatura si presenta lenta e sconnessa, ed il cast non rappresenta la scelta migliore per un titolo di questo genere. Insomma, per Netflix si tratta di un nuovo buco nell’acqua, The Open House non riesce minimamente a raccogliere ciò che semina, o meglio quel poco che semina nei primissimi minuti. Da evitare.
(Voto 1.5 su 5)
Insidious: L’ultima Chiave è stato diretto da Adam Robitel, nel cast Lin Shaye, Leigh Whannell, Angus Sampson, Kirk Acevedo e Spencer Locke. Con questo quarto capitolo torna al cinema una delle saghe horror più amate dai culturi del genere negli ultimi anni, questa volta però i produttori vanno alla ricerca di risposte nel passato della protagonista Elise Rainer (Lin Shaye).
Alla sua prima vera occasione per mostrare il talento da regista ad Hollywood, Adam Robitel trova un prodotto ben collaudato e ne ricava un sequel/prequel tutto sommato apprezzabile. Senza raggiungere mai lo splendore raccolto dal primo ottimo capitolo, L’ultima Chiave riesce, spesso con qualche esitazione sceneggiativa, a fare luce su alcuni punti scuri palesati nei primi due capitoli della saga. Il ritmo compassato impresso dal regista alla pellicola il più delle volte aiuta a tenere alta l’attenzione del pubblico, pronto a saltare dalla poltrona, allo stesso tempo, però, tale scelta non premia, anzi spinge chi guarda a sperare nella classica accelerazione da film horror, che non sempre arriva. Il cast, o buona parte di essi, rappresenta l’arma migliore del film, nel particolare l’accoppiata “comica” formata da Whannell e Sampson riesce in alcuni casi a risolvere, con battute quasi fuori tema, momenti di impasse narrativi difficili da digerire. Il finale è di quelli che meritano, raccomandiamo pertanto la massima attenzione.
(Voto 2.5 su 5)
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