La Recensione dell’episodio 13 di Star Trek: Discovery
Il passato è il prologo è il titolo del tredicesimo episodio di Star Trek: Discovery, ma è anche una citazione dalla “Tempesta” di William Shakspeare, estrapolata da un discorso tra Sebastiano ed Antonio:
“….. quella per cui tutti fummo preda del mare e solo alcuni rigettati alla spiaggia. Ma son questi predestinati a compiere un tal fatto di cui il passato è il prologo e il futuro sta nelle vostre mani e nelle mie.”
Ed in effetti tutto quello che è successo sino adesso non è altro che il prologo di quello che succederà, un titolo emblematico e significativo che racchiude, in pochissime parole, il senso di una intera stagione. Un capitolo questo con cui si conclude, in maniera epica ed estremamente sofferta, l’avventura della USS Discovery nell’universo dello specchio.
Il Passato è il prologo è stato diretto dal nigeriano Olatunde Osunsanmi su una sceneggiatura di Ted Sullivan, a nostro avviso non troppo adatti alla realizzazione di un episodio di una serie targata Star Trek. La tensione è qui spinta al massimo, il ritmo è ossessivo e le scene d’azione sono frenetiche, sembra quasi di vedere “Il Trono di Spade” ambientato in un contesto fantascientifico, dove il sentiero intrapreso per il raggiungimento di una maggiore connotazione Trek sembra essere stato quasi abbandonato.
Al di là di quanto ora affermato, Il passato è il prologo è comunque abbastanza godibile e i 44 minuti, tempo della sua durata, scorrono veloci e senza battute di arresto. Il Leader assoluto e di questo episodio è Gabriel Lorca, un personaggio che, grazie anche alla grande impronta che Jason Isaacs ha saputo dargli, ha spesso offuscato la Numero Uno e l’intero equipaggio della Discovery. Un personaggio che abbiamo amato ed odiato ed a cui ci siamo affezionati e non poco, nonostante il suo profondo egoismo e la sua natura malvagia. Del resto non è prerogativa di noi umani avere mille contraddizioni?
Grande crescita la troviamo in Saru, in lui ora sono più presenti maggior carisma e grande consapevolezza per il suo ruolo. Il Kelpien è finalmente riuscito a trasformare le sue paure nel motore delle sua forza, un personaggio che se ben sfruttato può darci grandi soddisfazioni. Ci piace vederlo come Capitano della USS Discovery, anche se per il momento solo facente funzioni. Ottima è anche la prova di Michelle Yeoh che ha saputo dimostrare la sua notevole abilità nelle arti marziali. Forse meno convincente e sottotono l’interpretazione della Martin-Green.
Nel corso dell’episodio, alcuni momenti e diversi comportamenti appaiono poco chiari e non sufficientemente spiegati. E’ pur vero che per capire il meccanismo di determinate situazioni, presenti, passate e forse anche future, sarebbe stato meglio approfondire il rapporto tra il Lorca e la Burnham nella loro versione speculare, ed anche le interazioni tra la stessa Burnham e l’imperatrice, sua madre adottiva, ma questo avrebbe inevitabilmente comportato una ulteriore dilatazione delle avventure all’interno dell’universo legato all’Impero Terrestre, a cui sono stati dedicati ben 4 capitoli, cosa che in altre produzioni Trek non era mai accaduta.
A conclusione della puntata odierna, la Discovery riesce a ritornare nel nostro Universo, purtroppo con le “ossa rotte” e con l’equipaggio per forza delle cose rivoluzionato, per trovarsi in una realtà forse ancora più oscura e piena di insidie. Ecco quindi il riproporsi di alcune domande che ci siamo posti nella recensione del dodicesimo episodio:
- I due diversi universi sono effettivamente paralleli e contrapposti, o hanno tra loro numerosi punti di contatto, più di quanti possiamo immaginare?
- Come si potra concludere Star Trek: Discovery?
- Cosa dobbiamo aspettarci dalla seconda stagione?
Non ci resta che aspettare lunedì 5 febbraio per assistere a The War Without, The War Within, penultima puntata di una serie che non smette di sorprenderci, ma che non smette neanche di destabilizzarci.
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