La Recensione della seconda stagione di Iron Fist, la serie Netflix
Netflix ha rilasciato la seconda stagione di Iron Fist, la serie incentrata sul mitico Pugno d’Acciaio creato da Marvel Comics. Questa è la nostra recensione.
La Serie
Dopo aver sconfitto La Mano, come raccontato durante la prima stagione, Danny Rand – aka Pugno d’Acciaio – ha preso a cuore le ultime parole di Daredevil durante la scena finale di The Defenders, ovvero difendere la città ad ogni costo. La sua nuova missione però viene interrotta bruscamente dal ritorno in città di Davos, suo vecchio amico ai tempi dell’addestramento alle arti marziali di K’un L’un, ed ora pronto a tutto per riprendersi ciò che a suo modo gli spetta, il Potere dell’Iron Fist. Lo scontro tra due ex-fratelli è inevitabile.
La Recensione
Partiamo dal presupposto che la prima stagione di Iron Fist, a nostro modesto pensiero, non è stato il fallimento paventato dalla critica. A discapito di una serie di scompensi qualitivi rispetto ad altri show di casa, come Daredevil e Jessica Jones, l’Iron Fist di Scott Buck ha avuto il coraggio di aprire la narrazione verso nuove direzioni, portando lo spettatore a scoprire l’esistenza di percorsi mistici “alternativi” nell’universo televisivo Marvel, fino a quel punto legato alla razionalità. Una missione non facile, ma riuscita discretamente, con la promessa di una seconda stagione potenzialmente migliore. Se non è un primo passo questo!?
[Qui la Nostra Recensione della Prima Stagione]
Marvel e Netflix, per la seconda stagione, hanno scelto Raven Metzner, sceneggiatore di Heroes Reborn, Sleepy Hollow e Clue, e sin da subito si intravede aria di cambiamento. La narrazione è fluida, e porta da subito lo spettatore all’interno della storia. La Mano è stata sconfitta, ma fortunatamente Metzner dimostra si saper attingere alla mitologia fumettistica del Pugno d’Acciaio per regalare ai fan una storia che si presenta continuativa, ed allo stesso tempo avvincente, grazie all’introduzione armoniosa di nuovi personaggi, ed intrecci narrativi interessanti. Lo showrunner, a tal proposito, punta forte su uno sviluppo migliore dei singoli personaggi, ma anche sulla costruzione di rapporti meglio strutturati tra i vari protagonisti.
Ma se la caratterizzazione di personaggi e rapporti sono un gran passo in avanti rispetto alla prima stagione, la vera chiave di volta di Iron Fist 2 è la volontà di Metzner di spostare l’attenzione del pubblico, dal singolo personaggio – qui Danny Rand – al vero “Qi” dello show, l’Immortale Iron Fist. C’è davvero tanto da raccontare sulle origini della mitologia creata dai fumettisti Roy Thomas e Gil Kane, e l’emozionante finale di stagione è ciò che di meglio un fan Marvel possa ottenere da una serie televisiva di qualità.
L’estetica di Iron Fist 2 continua ad essere croce e delizia dell’intera serie. Lo è stato per la prima stagione, e lo è, senza dubbio, per questa seconda. Troppi combattimenti – anche se assolutamente spettacolari – fanno da ostacolo alla volontà di Marvel e Netflix di rendere sempre più realistico l’universo televisivo partito qualche anno prima con Daredevil. Resta difficile, a tal proposito, accettare che la criminalità di New York voglia risolvere i problemi con le arti marziali. Ma dove sono finite tutte le armi?
Il cast risulta finalmente un punto di forza. Finn Jones sembra avere più consapevolezza del proprio talento, Jessica Henwick convince a più riprese, risultando nel corso degli episodi, forse la vera attrazione dello show, ovviamente al pari del collega Jones. Dona vibrazioni positive l’introduzione di Alice Eve nel cast, brava ad interpretare il suo doppio ruolo. Continua, invece, a non convincere la scelta di Sacha Dhawan per un ruolo così importante come quello di Davos.
Col finale assolutamente aperto a più interpretazioni, è difficile pensare che Marvel e Netflix abbiano finito con Iron Fist. E noi non possiamo che esserne felici.
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