E’ da poco disponibile su Netflix la terza stagione dell’oramai sempre più affermata “docuserie” Impero Romano: Potere e Sangue. Di seguito la nostra recensione.
Figlio di Germanico, il più amato e rispettato tra i generali romani, Gaio Cesare Caligola discende da una famiglia di nobilissime origini e sembra destinato ad un futuro da imperatore immortale, osannato dal popolo. Ma una incredibile serie di traversie giovanili e tragedie familiari, trasformeranno Caligola in un tiranno che verrà ricordato nei secoli successivi come paradigma di pazzia e malvagità.
LA RECENSIONE
Dopo Commodo, l’imperatore gladiatore, e Giulio Cesare, tra i più grandi generali e uomini politici della storia mondiale (Prima Stagione e Seconda Stagione) per questa terza stagione i produttori di Netflix hanno deciso di raccontare una figura tanto famosa quanto controversa: Caligola, l’imperatore pazzo, esponente della celeberrima Dinastia Giulio-Claudia.
La scelta del protagonista può risultare interessante, ma avremmo preferito il rispetto dell’ordine cronologico degli eventi. Commodo arriva quasi duecento anni dopo Giulio Cesare, che a sua volta vive oltre 50 anni prima di Caligola. Questo continuo andirivieni tra diverse epoche storiche, alla ricerca dei protagonisti più “cool” per gli spettatori è tipico della Storia in TV, ma non aiuta certo lo spettatore ad avere una visione d’insieme.
Questo approccio piuttosto commerciale, già abbastanza evidente nelle prime due stagioni, raggiunge nuovi apici durante questi episodi sulla vita di Caligola. Quello della Dinastia Giulio-Claudia fu certamente un periodo pieno di intrighi, misteri, omicidi, avvelenamenti, amanti e tradimenti e chi più ne ha più ne metta, ma in questo terzo capitolo di Impero Romano: Potere e Sangue, gli sceneggiatori si sono decisamente lasciati andare un po’ troppo.
L’effetto è quello di un “docu-drama” comunque ancora abbastanza valido (la voce narrante di Sean Bean vale da sola il prezzo del biglietto), ma che dedica quasi la totalità dei quattro episodi ad una sorta di Beautiful dell’Antica Roma, con l’aggiunta di Storici i cui interventi sembrano più quelli degli opinionisti di Uomini e Donne, che di un esperto di Storia Romana.
Per assecondare questo effetto “telenovela/intrighi di palazzo” gli sceneggiatori, molto più che nelle predenti due stagioni di Impero Romano: Potere e Sangue, si sono presi molte licenze poetiche in termini di rigore storico.
Pur di far sembrare a tutti i costi Caligola un depravato sessuale e un sanguinario allo stesso tempo, vengono infatti mostrati i multipli incesti dell’imperatore con le sorelle Agrippina e Drusilla, oltre che il presunto omicidio da parte di Caligola stesso dell’anziano imperatore Tiberio. Se le prime sono pure congetture, la storia che Caligola in persona abbia ucciso Tiberio è una pura invenzione. E di questi esempi, purtroppo, ce ne sono a decine nel corso dei quattro episodi.
Ma il peccato più grave di questo docu-drama non è legato neanche al rigore storico di per se stesso. Il problema principale continua a risiedere nell’incapacità di mostrare allo spettatore l’importanza e la grandezza della Civiltà Romana per le vicende umane. Con questo approccio che tende ad ignorare totalmente il contesto storico generale, Impero Romano: Potere e Sangue continua a puntare esclusivamente su una Storia fatta solo di grandi personaggi e non, come dovrebbe, di grandi concetti storici e di seria analisi del passato.
Non è comunque tutto da buttare in questa stagione, anzi: le musiche sono sempre bellissime, così come la meravigliosa sigla iniziale. In netto miglioramento, inoltre, uno degli storici difetti della serie: la povertà della scenografia. Rispetto alla tristezza delle prime due stagioni, questa volta gli uomini di Netflix hanno reso un ambiente più realistico e gradevole, fatto meno di computer grafica di bassa lega e più di ambienti reali.
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