Da venerdì 19 aprile è in pubblicazione su Netflix l’episodio conclusivo di Star Trek: Discovery 2, questa la nostra recensione ufficiale sull’intera seconda stagione incentrata sulla figura dell’iconico Capitano Christopher Pike.
La prima stagione di Star Trek: Discovery si è conclusa con un cliffhanger estremamente emozionante, in particolare risulta molto evocativa l’ultima scena che mostra la mitica USS Enterprise, comandata da Christopher Pike, affiancarsi alla USS Discovery.
Una scena che presuppone al ritorno, più volte annunciato, ad una forma più classica dello show, sicuramente più aderente ad un canon già assodato. In effetti tutto l’arco narrativo di Discovery 2 è teso nel cercare di superare numerose criticità mal digerite dai vecchi fan.
Si è cercato allora di accarezzare con delicatezza ed accuratezza la storia di un franchise nato più di 50 anni fa. È cosi che Lo Zoo di Talos (The Cage) – il primo pilot della mitica TOS realizzato nel 1964 – e l’episodio classico intitolato L’Ammutinamento diventano la chiave di lettura dell’intera stagione.
Il Capitano Pike, qui straordinariamente interpretato da Anson Mount, considerato nella Serie Classica quale personaggio marginale, nel prendere il comando della USS Discovery viene completamente reimmaginato.
Lo show è chiaramente imbastito a misura di Michael Burnam, ma il vero fulcro ed elemento trainante è il Capitano Pike, l’esatto contrario del suo oscuro predecessore Gabriel Lorca.
Un capitano di cui si sottolinea la grande umanità e l’assoluta trasparenza. Un uomo che fa delle sue insicurezze e delle sue angosce il motore della sua forza e della sua integrità morale.
Geniale ed estremamente emozionante è la scelta autoriale di trasformare in immagini, attraverso le visioni di un tragico futuro, l’incidente che renderà il nostro sfortunato capitano completamente inabile e orrendamente sfigurato. Un evento brevemente raccontato ben 53 anni fa in L’Ammutinamento.
Gradito è il ritorno ad uno sviluppo autoconclusivo di molti dei 14 episodi, in cui una trama verticale ben si armonizza ad una trama orizzontale, volta alla risoluzione del mistero dell’Angelo Rosso.
Coralità, amicizia, pathos, sete di avventura e mistero, sono gli ingredienti principali di questo show, in cui più volte si sottolinea l’importanza di un comandamento dall’intenso sapore “Trek”: “Le esigenze dei molti contano più di quelle dei pochi”.
Alcune cose, comunque, ci hanno fatto storcere il naso, stiamo parlando di diversi bug narrativi e di elementi in bilico tra il fantasy e la fantascienza, ma che comunque non minano la solida sceneggiatura di una seconda stagione che ha voluto e saputo ricucire le varie crepe, attraverso l’accurato studio di ogni dettaglio, con l’uso di escamotages che sicuramente non potranno soddisfare tutti.
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