Presentato alla 76ª Mostra del Cinema di Venezia, il film Ad Astra è uscito oggi nelle sale italiane. Questa è la nostra recensione.
La regia è stata affidata a James Gray, regista alla sua prima con la fantascienza. Nel cast Brad Pitt nei panni dell’astronauta Roy McBride, Tommy Lee Jones e Liv Tyler interpretare rispettivamente il padre e la moglie di Roy, inoltre Donald Sutherland, Ruth Negga, John Ortiz, Jamie Kennedy e John Finn.
Il film vede l’astronauta Roy McBride partire per un lungo viaggio nel nostro Sistema Solare, alla ricerca dei veri motivi della scomparsa del proprio padre, disperso e creduto morto durante una precedente missione spaziale.
Il Commento
Pur non mancando di scene esaltanti e momenti adrenalinici, Ad Astra non può essere definito come un puro action ambientato nello spazio, pertanto coloro che nella cinematografia fantascientifica si aspettano, principalmente, avvincenti battaglie spaziali, o terribili e famelici esseri alieni, potrebbero non apprezzare appieno la visione di questa pellicola.
Lento e riflessivo nel suo incedere e Roycentrico nel suo sviluppo – tutto ruota intorno alla figura di Roy McBride – Ad Astra, anche se cupo nei temi trattati e pessimista nelle sue previsioni, appare visivamente maestoso, merito di una fotografia estremamente realistica ed assolutamente sbalorditiva che riesce a catturare perfettamente il fascino dello spazio, ma anche l’orrore dell’oscuro infinito.
Un particolare curioso che ha attirato la nostra attenzione, probabilmente voluto da James Gray per rendere a noi più “familiare” la visione del film, è il contrasto tra l’ambientazione futuristica e la tecnologia mostrata, non dissimile da quella del nostro presente: le ingombranti tute degli astronauti, i mezzi spaziali, il crepitio dei comunicatori radio dei caschi.
James Gray, ispirandosi liberamente al breve romanzo di James Conrad, intitolato “Cuore di Tenebra”, ed accostando in parte la sua opera fantascientifica a quella di Stanley Kubrick, usa lo Spazio Profondo come una metafora, anche se in realtà ad essere esplorato intimamente è il nostro microcosmo. Il regista usa abilmente McBride per approfondire e descrivere la solitudine dell’uomo, le sue paure, la consapevolezza dei propri limiti, ma anche il suo distacco emotivo.
Il futuro qui descritto è eccitante e terrificante. La grandiosità e l’infinita bellezza dello spazio non sfuggono però ai pericoli intrinseci e ai nostri mali endemici. L’uomo, nella conquista del nostro Sistema Solare, potrà ripetere gli errori del passato. Una visione piuttosto deprimente, ma che potrebbe essere aderente ad un nostro probabile destino.
Da sottolineare la notevole performance di Brad Pitt nell’interpretare Roy, un personaggio che possiamo considerare lontano dai ruoli in cui l’attore si muove abitualmente.
In conclusione Ad Astra non è il solito blockbuster fantascientifico, ma è un film il cui andamento riflessivo ed il suo scorrere lento potrebbero annoiare un pubblico che ama un genere più ricco di azione e più veloce.
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