Vi proponiamo la nostra recensione di All Day and a Night, film presente sulla piattaforma digitale Netflix dal mese di maggio.
All Day and a Night è una crime story che ha per protagonista il giovane Jahkor, afroamericano condannato alla prigione per un duplice omicidio. Durante la sua detenzione, l’uomo avrà modo di ripensare alla sua infanzia, alla sua giovinezza e, più in generale, alla sua vita e all’impossibilità di sottrarsi al suo destino criminale.
Il tema centrale del film è proprio quello dell’ineluttabilità del percorso del protagonista. La sua vita, sin dall’infanzia, è stata segnata da fatti di sangue, crimini ed errori. Sullo sfondo, la periferia americana, luogo dove per sopravvivere bisogna adattarsi, si profila, come esplicitato anche dalla stessa voce narrate, come metafora della prigione. La prigione non ha tolto la liberta a Jahkor, lui libero non lo è mai stato. Non ha mai scelto veramente, soffocato da una realtà che lo ha costretto ad una vita criminale. A prescindere dalla condivisibilità o meno della tesi proposta dal regista, quel Joe Robert Cole noto perlopiù per aver scritto il cinecomic “Black Panther”, quello che emerge è un’insistenza sin troppo marcata ed esplicitata della stessa. Non solo la voce narrante, ma anche i fatti che si susseguono sembrano rimarcare continuamente questo aspetto sino, quasi, a divenire ridondanti.
In questo film, che a tratti parrebbe avere le pretese di essere un vero e proprio racconto di formazione, quello che funziona meglio è il ritmo. Al di là dei cliché nella rappresentazione dei personaggi e delle ambientazioni, la narrazione fila abbastanza liscia e le due ore della pellicola si lasciano guardare senza annoiare.
Buona la prova del protagonista Ashton Sanders, già visto nel pluripremiato “Moonlight”, e dei comprimari. Una pellicola che, pur non riuscendo a soddisfare appieno le sue notevoli ambizioni, riesce ad appassionare e a far pensare.
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