Anche Andy Wachowski cambia sesso – Ora sono le sorelle Wachowski
C’erano una volta i fratelli Wachowski. I due fratelli, Larry e Andy, erano diventati famosi per aver diretto una trilogia fantascientifica costituita da Matrix, Matrix Reloaded e Matrix Revolutions con cui si erano ritagliati un posto d’onore nel genere, realizzando in seguito film non proprio all’altezza (Speed Racer, Cloud Atlas e Jupiter – Il destino dell’Universo).
Quattro anni fa, Larry compì un gesto inaspettato: decise di cambiare sesso diventando Lana Wachowski, affermando di sentirsi finalmente meglio interiormente. Ebbene, quattro anni dopo, anche il fratello Andy ha deciso di compiere la medesima operazione: ora è diventato Lilly Wachowski, la quale ha annunciato ufficialmente la notizia tramite un comunicato stampa pubblicato dal Windy City Times di Chicago, intitolato “Cambio di sesso shock – I fratelli Wachowski ora sono sorelle”.
Questo comunicato è arrivato in seguito alle pressioni da parte di un giornalista del Daily Mail per costringerla a rilasciare un’intervista:
“Cambio di sesso shock – i Fratelli Wachowski ora sono sorelle!” Questo è il titolo che stavo aspettando da un anno. Fino ad oggi, con timore ed esasperazione. La ‘notizia’ è quasi uscita due volte, ciascuna delle quali preceduta da una email dal mio agente: i giornalisti avevano chiesto dichiarazioni riguardo la storia sulla transizione di genere di Andy Wachowski che stavano per pubblicare. Come risposta a questa minaccia di outing pubblico, avevo preparato un comunicato che era in parte piscio, in parte aceto e 12 parti gasolio. Volevo parlare di un mucchio di idee sui pericoli del fare outing su una persona trans, e sulle statistiche di suicidio e omicidio. Per non parlare di un finale leggermente sarcastico su come mio padre si fosse fatto iniettare sangue di mantide religiosa nei testicoli prima di concepire ciascuno dei suoi figli, con l’obiettivo di produrre una progenie di super donne, determinate nella dominazione femminile. Okay, mega sarcasmo.
Questo comunque non è successo, gli editori di quei giornali non hanno pubblicato una storia che avrebbe potuto avere effetti fatali.
Poi ieri sera, mentre mi preparavo per uscire a cena, suonano alla porta di casa mia. Era un uomo che non riuscivo a riconoscere. “Potrebbe suonarle strano,” ha iniziato a dire con un accento inglese. Ricordo di aver sospirato. È difficile rimanere ottimisti. Ha iniziato a spiegare di essere un giornalista del Daily Mail, il servizio di informazione più importante del Regno Unito, assolutamente “non un tabloid”. Il giorno successivo o quello successivo ancora avrei dovuto sedermi con lui, fare una foto e raccontare una storia “che sarebbe stata di grande ispirazione”, d’altronde non volevo che “il National Enquirer iniziasse a seguirmi”, no? Comunque, il Daily Mail non è assolutamente un tabloid…
Mia sorella Lana e io abbiamo sempre evitato la stampa. Trovo che parlare della mia arte sia tedioso e frustrante, e parlare di me stessa ancora più mortificante. Sapevo che a un certo punto avrei dovuto fare coming out. Sapete, quando vivi apertamente come persona transgender è… piuttosto difficile nasconderlo. Volevo semplicemente del tempo per mettere la testa a posto e sentirmi a mio agio, ne avevo bisogno. Ma a quanto pare non è una mia decisione.
Essere transgender non è facile. Viviamo in un mondo di genere binario che ci è imposto dalla maggioranza. Questo significa che quando sei transgender devi affrontare la dura realtà di vivere il resto della tua vita in un mondo che ti è apertamente ostile. Io sono una persona fortunata: la mia famiglia mi sostiene, e ho i mezzi per permettermi dottori e terapisti che mi hanno dato la possibilità di sopravvivere a questo processo. Le persone transgender che non hanno sostegno o soldi o privilegi, non hanno questo lusso e molti non sopravvivono. Nel 2015 la media degli omicidi transgender è salita a un massimo nel nostro paese. Un numero tremendamente sproporzionato di vittime erano donne transgender di colore. Questi sono solo gli omicidi registrati, e siccome i trans non rientrano tutti nelle statistiche di genere binario, significa che i numeri sono in realtà molto più alti.
È passato tanto tempo dal Silenzio degli Innocenti, e continuamo a essere demonizzati e sviliti sui media, dove veniamo dipinti come potenziali predatori e si cerca di tenerci lontani persino dai bagni. […]
Quindi sì, sono transgender. E sì, ho fatto la transizione, mia moglie, la mia famiglia e i miei amici lo sanno già. La maggior parte delle persone al lavoro lo sanno, e non c’è alcun problema con nessuno di loro. Certo, questo grazie anche alla mia favolosa sorella, che l’ha fatto prima di me. Ma anche perché sono persone fantastiche. Senza l’amore e il sostegno di mia moglie, dei miei amici e della mia famiglia non sarei dove sono oggi.
Ma queste parole, “transgender” e “transizione”, sono difficili per me perché hanno perso completamente la loro intrinseca complessità nella loro assimilazione nel mainstream. C’è una mancanza di sfumature di tempo e spazio. Essere transgender è qualcosa che viene capita in gran parte perché esiste all’interno della definizione dogmatica di maschio o femmina. E fare la “transizione” impone un senso di immediatezza, un prima e dopo da un termine all’altro. Ma la realtà, la mia realtà, è ho passato la mia vita a fare questa transizione e continuerò a farla per il resto della mia vita, attraversando quell’infinito che esiste tra maschio e femmina, lo stesso infinito che c’è tra lo zero e l’uno. Dobbiamo elevare il dialogo oltre la semplicità del concetto binario. Il binario è un falso idolo.
Ora, la teoria di genere e la teoria queer fanno male al mio piccolo cervello. Le combinazioni di parole, come il free jazz, suonano male alle mie orecchie. Ci vorrà molto per capire queste cose, ed è difficile tanto quanto è difficile capire la mia stessa identità. C’è una citazione nel mio ufficio, viene da Josè Munoz:
“L’essere queer essenzialmente significa rifiutare il qui e ora, insistendo sul potenziale di un altro mondo”.
Quindi continuerò a essere ottimista, unendomi allo sforzo di Sisifo verso il progresso e cercando di essere me stesso un esempio della potenzialità di un altro mondo.
D’ora in poi, quindi, non sentiremo più parlare di fratelli Wachowski, ma solo di sorelle Wachowski: tanto di cappello, comunque, al coraggio dimostrato dai due registi.
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