Pochi registi hanno saputo raccontare il reale come Spike Lee, regista da sempre attento a portare sullo schermo storie di persone autentiche, autore dalla parte dei deboli, soprattutto di colore, che devono affrontare le ingiustizie dei potenti e la violenza che la vita li costringe a subire. Oggi, il regista compie 60 e noi gli rendiamo giustamente omaggio.
Nato ad Atlanta (Georgia) nel 1957, Shelton Jackson Lee venne battezzato Spike dalla madre quand’era giovane per il suo carattere ribelle e per la sua corporatura piuttosto esile (Spike significa appunto magro, ribelle).
Iscrittosi al corso di laurea in comunicazioni di massa nel 1977, Lee si avvicinò molto presto al mezzo cinematografico realizzando brevi film in Super 8 e riuscendo a seguire uno stage presso la Columbia Pictures nel 1979. Dopo aver diretto alcuni corti tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 – e dopo un film abbandonato intitolato The Messenger – Lee realizzò nel 1986 il suo primo vero lungometraggio intitolato Lola Darling, un film in bianco e nero che racconta la storia di una ragazza divisa tra tre amanti. Con questo film, il regista cominciò a farsi strada anche fuori dagli Stati Uniti.
Nel 1989 Lee realizzò quello per molti è considerato il suo capolavoro, ovvero Fa’ la cosa giusta, film che grazie a un nutrito cast di quelli che sarebbero diventati amici e collaboratori abituali riscontrò un notevole successo di pubblico e critica. Il film partecipò al Festival di Cannes senza però riuscire a vincere alcun premio, fatto che scatenò molte polemiche; Lee ottenne anche una nomination all’Oscar per la sceneggiatura.
Da sempre appassionato di musica (il padre era un jazzista), Lee diresse nel 1990 Mo’ Better Blues in cui Denzel Washington interpreta un musicista di colore; il film fu presentato al festival di Venezia e lanciò definitivamente Washington. L’anno seguente Lee realizzò Jungle Fever, storia di un amore tra un uomo di colore (Wesley Snipes) e una ragazza italoamericana (Annabella Sciorra): il film scatenò molte polemiche presso la comunità afroamericana che accusò il regista di rappresentare le persone di colore attraverso stereotipi sia razzisti che sessuali.
Nel 1992, Lee realizzò il film di una vita, ovvero il biopic Malcolm X, interpretato da Denzel Washington il quale ottenne una nomination all’Oscar. Come i precedenti lavori, anche questo attirò su di se e sul regista molte polemiche con l’accusa di essere un regista troppo commerciale. Anche la critica accolse tiepidamente il film.
Gli anni ’90 proseguirono con film che piacquero alla critica ma un po’ meno al pubblico come Crooklyn (1993), il suo film più autobiografico, Clockers (1995) prodotto da Martin Scorsese e Girl 6 – Sesso in linea (1996) che vanta un cameo di Quentin Tarantino.
Nel 1998, il regista tornò a lavorare con Denzel Washington in He Got Game; l’attore interpreta il padre di un giocatore di basket che per evitare la prigione deve convincere il figlio a entrare nella squadra del college del suo Stato.
Lee, oltre che al cinema di finzione, è da sempre autore di documentari: nel 2000 diresse infatti The Original Kings of Comedy su uno spettacolo di comici afroamericani e Bamboozled su un dirigente televisivo afroamericano che realizza uno spettacolo in cui attori bianchi si truccano da neri. Lee tornò al documentario nel 2006 con When the Levees Broke: A Requiem in Four Acts riguardante le devastazioni che l’uragano Katrina provocò a New Orleans.
Con La 25a ora (2002), Lee raggiunse una delle vette del suo cinema, raccontando la storia di uno spacciatore a cui restano 24 ore prima di andare in prigione per sette anni. Il film, interpretato da Edward Norton, fu il primo a essere girato a Ground Zero dopo gli attentati del’11 settembre. Con il successivo Lei mi odia (2004), il regista incappò però in un sonoro fiasco di pubblico e di critica.
Lee tornò alla ribalta nel 2006 con Inside Man, film che in quanto thriller (si narra di una complessa rapina in banca) risulta essere il primo film di genere per il regista. A oggi, Inside Man è anche il maggiore incasso nella carriera di Lee.
Fiumi di critiche e polemiche piovvero a causa del film Miracolo a Sant’Anna (2008), incentrato su alcuni soldati afroamericani durante la strage compiuta dai nazisti nel 1944 a Sant’Anna di Stazzema. Con la voglia di continuare a sorprendere, Lee accettò la regia del remake di Oldboy (2013), primo remake nella sua carriera. La critica si divise, mentre il pubblicò gli voltò le spalle.
In tutti i film diretti da Spike Lee sono riscontrabili alcune marche stilistiche che fanno del regista un autentico innovatore della regia: una su tutte consiste nel collocare un attore sul carrello della macchina da presa dando così la sensazione di un movimento fluttuante. Per accentuare la realtà filmata, il regista ricorre spesso a una fotografia quasi iperrealista che accentua i colori.
Un regista scomodo, irriverente, che guarda il reale con partecipazione e con uno sguardo civile che impressiona e sconvolge. 60 anni ottimamente portati.
Di seguito potete vedere la scena del monologo di Edward Norton in La 25a ora:
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