Bridgerton: recensione della nuova serie su Netflix
Bridgerton è il nuovo period drama targato Netflix creato da Chris Van Dusen, basato sui romanzi di Julia Quinn. Questa è la recensione.
Nel cast della prima stagione spazio per Adjoa Andoh, Julie Andrews, Lorraine Ashbourne, Jonathan Bailey, e Ruby Barker.
Londra 1813, un gruppo di giovanissime donne fanno il loro debutto nell’alta società londinese al cospetto delle Regina in persona. Tra loro Daphne Bridgerton , figlia di una prolifica famiglia, viene definita da tutti il diamante delle stagione matrimoniale, in cerca, come tutte, di accaparrarsi il miglior partito presente a suntuosi balli e colazioni su sterminati prati. Nonostante tutti cerchino di fingere perfezione in realtà tutti hanno segreti, a questa parvente perfezione rimedierà la misteriosa Lady Whistledown che pubblicherà notizie sconvolgenti che rimescoleranno le carte in tavole di tutte le famiglie. A creare poi ulteriore mistero arriva il tenebroso e scapestrato duca di Hastings, il quale renderà ancora più instabili gli equilibri fragili delle giovani dame, soprattutto quello di Daphne.
Bridgerton è una serie sui generis che, nonostante in molte parti ricalchi il periodo storico in cui è incastonata, fa chiaramente un balzo in avanti integrando nella trama elementi nuovi e accattivanti. Ma procediamo con ordine.
Daphne, il diamante della stagione matrimoniale si presenta come una giovane perfettamente in linea con gli standard che le si chiedono: bella, gentile, brava nella musica, in cerca di un marito che dia prestigio a lei e alle sue sorelle. In realtà nel suo animo si cela una bambina che del mondo conosce ben poco, così come è nulla la sua conoscenza della vita matrimoniale se non i bei racconti materni, e sarà proprio il suo maturare caratterialmente, anche in ambito sessuale, a far crescere l’interesse dello spettatore.
Il ritmo narrativo è sostenuto, e questo nonostante un leggero calo riscontrato negli ultimi episodi. Intrighi, misteri, sotterfugi, gravidanze segrete e accordi misteriosi fanno si che la godibilità della serie sia alta, restando comunque leggera. Si badi bene però che il suo tono leggero non interferisce con la trattazione di argomenti degni di nota, come l’inizio della volontà di emancipazione femminile. A tal proposito tale tema è perfettamente incarnato nella sorella minore di Daphne che, nonostante sia “disegnata” con contorni caratteriali banali, riesce nel suo intento.
Dal punto di vista della ricostruzione storica la produzione ha fatto un lavoro brillante, e lo ha fatto avvalendosi di una docente universitaria di storia al fine di restare fedeli al periodo storico, ma più che nelle tematiche, che a tratti possono sembrare un po’ decontestualizzate, ciò che risulta essere perfetto è il reparto costumi, circa 7500 abiti hanno sfilato nel corso degli episodi dai colori sgargianti e dalle trame sottili.
Il cast, degno dei più fragorosi applausi, risulta perfettamente in grado di mantenere i ruoli: ottime le interpretazioni che riescono a pieno nel loro intento. Nonostante la storia di Daphne risulti essere quella prevalente, le altre storyline risultano essere omogenee coinvolgenti. Bridgerton può quindi essere definita una serie corale in cui un po’ tutti hanno il loro momento da protagonisti.
A fare da collante tra costumi, ambientazioni scintillanti e interpreti è possibile citare la musica a cura di Kris Bowers, davvero particolare per essere di una serie in costume, con arrangiamenti da parte di artisti quali Maroon 5, Ariana Grande, e Taylor Swift.
VERDETTO FINALE: Bridgerton è una serie leggera e spensierata, ma che lascia passare comunque messaggi importanti. Non risulta volgare nonostante la seconda parte sia ricca di scene hot. Sicuramente un buon prodotto da guardare su Netflix.
Bridgerton
Data di creazione: 2021-01-05 18:08
3.5
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