C’è ancora domani segna il debutto alla regia di Paola Cortellesi ed é stato presentato ieri in anteprima alla 18ma Festa del Cinema di Roma. Il film uscirà nelle sale italiane il prossimo 26 ottobre, distribuito da Vision Distribution. Ecco la recensione.
C’è ancora domani: trama.
Delia (Paola Cortellesi) è la moglie di Ivano, la madre di tre figli. Moglie, madre. Questi sono i ruoli che la definiscono e questo le basta.
Siamo nella seconda metà degli anni 40 e questa famiglia qualunque vive in una Roma divisa tra la spinta positiva della liberazione e le miserie della guerra da poco alle spalle.
Ivano (Valerio Mastandrea) è capo supremo e padrone della famiglia, lavora duro per portare i pochi soldi a casa e non perde occasione di sottolinearlo, a volte con toni sprezzanti, altre, direttamente con la cinghia. Ha rispetto solo per quella canaglia di suo padre, il Sor Ottorino (Giorgio Colangeli), un vecchio livoroso e dispotico di cui Delia è a tutti gli effetti la badante. L’unico sollievo di Delia è l’amica Marisa (Emanuela Fanelli), con cui condivide momenti di leggerezza e qualche intima confidenza
È primavera e tutta la famiglia è in fermento per l’imminente fidanzamento dell’amata primogenita Marcella (Romana Maggiora Vergano), che, dal canto suo, spera solo di sposarsi in fretta con un bravo ragazzo di ceto borghese, Giulio (Francesco Centorame), e liberarsi finalmente di quella famiglia imbarazzante.
Anche Delia non chiede altro, accetta la vita che le è toccata e un buon matrimonio per la figlia è tutto ciò a cui aspiri. L’arrivo di una lettera misteriosa però, le accenderà il coraggio per rovesciare i piani prestabiliti e immaginare un futuro migliore, non solo per lei.
C’è ancora domani: la recensione.
Roma 1946, un patriarcato che non smette di esistere nonostante la guerra sia finita, la fame, la speranza di cambiare anche le piccole cose: sono questi i capisaldi attorno al quale ruota C’è ancora domani, l’opera prima di Paola Cortellesi come regista.
Sulle orme del cinema Neorealista e attraverso un bianco e nero quasi “costretto”, Paola Cortellesi racconta la storia di Delia una giovane donna forte, reduce da una guerra che non ha solo portato miseria e povertà, ma anche la finta possibilità di riporre una speranza in un matrimonio che le avrebbe cambiato la vita, anche se in un modo diverso da quello che ci si potesse aspettare.
Moglie di Ivano (Valerio Mastandrea) e madre di tre figli, Delia passa le sue giornate a svolgere i lavori più umili pur di portare a casa qualche soldo, vivono in una casa dove la guerra non si è mai fermata, riecheggia in ogni nota timbrica di Ivano e nella disperazione delle donne di famiglia nel cercar di portar a tavola qualcosa di più per i loro uomini.
Ivano, in ogni suo gesto e parola, è il rappresentante di un patriarcato di cui ne va fiero, disprezzando e picchiando una donna che per l’amore dei suoi figli e per la paura di scappare, resta ferma a subire le ingiustizie di un uomo che fa parte di un branco, a cui gli è stato insegnato che la violenza e la mancanza di rispetto siano determinati per conquistare l’amore e il rispetto di una moglie e di una famiglia.
Paola Coltellesi racconta nella maniera più naturale possibile, attraverso una serietà che a volte viene interrotta dalla comicità che la caratterizza, la fuga delle donne, quelle donne che si sono piegate durante tutti gli anni al alla misoginia degli uomini, costrette a subire non solo violenze fisiche e verbali, ma anche il giudizio sbagliato di non essere capaci di avere la forza di poter cambiare le cose anche attraverso i gesti più piccoli.
Nonostante resti “a bocca chiusa” come racconta l’artista romano Daniele Silvestri nel suo brano che accompagna le scene finali, Delia compie dei piccoli gesti che la portano ad avere più coscienza della situazione che sta vivendo mostrandosi più determinata nella difesa non solo della sua persona femminile, ma anche di sua figlia Marcella alla quale sarebbe capitato un destino meno prospero di sentimenti ma pieno di umiliazioni.
La difesa di un matriarcato da un patriarcato con delle radici belle forti da estirpare è un chiaro messaggio della regista, che in maniera non casuale decide che il film venga girato in banco e nero, non solo come tributo ad un cinema Neorealista che ha caratterizzato i film del dopoguerra, ma anche per evidenziare la pessima condizione nella quale le donne erano costrette a vivere e con le quali alcune sono costrette ancora a convivere.
Per il suo debutto alla regia, Paola Cortellesi ha scelto un registro dolce-amaro, raccontando una pagina di storia che ha concesso alle donne di non rimanere più unicamente nel focolare di casa o tre passi indietro rispetto ai propri compagni. Sceglie una narrazione a tratti acra e goliardica per descrivere la violenza quotidiana che si perpetrava in alcune case, i passi di danza che fanno volteggiare i personaggi evidenziano quanto quei segni siano frutto di uno schema già impostato e con cui bisognava far i conti sempre e comunque.
Ha un occhio colmo di speranza come quello della sua protagonista, che seppur sopraffatta dalle azioni del marito e dalle ingiustizie quotidiane subite anche sul posto di lavoro, cerca un riscatto per lei e per quella figlia a cui non augura il suo stesso destino.
C’è ancora domani è, appunto, un film sulla speranza che davvero le cose possano cambiare un domani, anche rimanendo a bocca chiusa ma, anche attraverso un piccolo gesto che abbia il potere di cambiare le vite e i destini di tante altre persone.
Un film sulla forza del matriarcato? Sì, ma sopratutto un film sulla pagina di storia che ha cambiato per sempre il destino delle donne italiane e che ci ricorda, la determinazione di quelle donne che hanno lasciato il segno.
C’è ancora domani, scritto e diretto da Paola Cortellesi uscirà nelle sale cinematografiche a partire dal 26 ottobre, distribuito da Vision Distribution.
C'è ancora domani
Regista: Paolo Cortellesi
Data di creazione: 2023-10-21 09:42
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