Sono nato a Londra; ci ho anche vissuto e lavorato per qualche mese. Oggi voglio parlare di Biutiful e vi garantisco che non è un errore ortografico, ma una película ispano-americana dal titolo volutamente mendoso. Mendoso come il mondo di Uxbal e di una Barcellona lontana anni luce da quella che siamo abituati ad ammirare in cartolina.
Il regista è Alejandro González Iñárritu e l’attore principale è Javier Bardem, e tanto dovrebbe bastare per invogliarvi alla visione. Sarebbe anche piuttosto hipster terminare qui la recensione, ci sono quaranta gradi all’ombra e la luminosità del pc fa il resto, ma Biutiful mi ha colpito davvero tanto, dunque sorbitevi qualche altro rigo di articolo.
È una Barcellona inedita quella raccontata dal regista messicano Iñárritu, che quasi sembra burlarsi dello spirito di appartenenza contagioso di questa terra: bandiere catalane sparse ad ogni angolo di strada e manifesti del Barça nelle case di immigrati con un amore incondizionato verso la catalogna. Una situazione contrastante con la realtà depravata diretta da una polizia corrotta e filo franchista.
Non a caso a dominare la scena è la parabola discendente di Uxbal (interpretato dall’ineccepibile Javier Bardem) e della sua famiglia, composta dai due figli Ana e Mateo e dalla ex moglie mai dimenticata Marambra (Maricel Alvarez), incapace di badare ai figli a causa del disturbo bipolare che la affligge e amante del cognato Tito (Eduard Fernández). Uxbal si procura da vivere dando lavoro a immigrati, rendendosi complice di un immondo giro di morte e sfruttamento. L’animo già provato di un uomo che non ha mai conosciuto suo padre viene ulteriormente scosso dalla notizia di un cancro terminale alla prostata, destinato a portarlo alla morte nel giro di due mesi. Inizierà quindi una corsa contro il tempo verso il raggiungimento della redenzione, finalizzata a sfuggire un destino sciagurato e a garantire ai propri figli il miglior futuro possibile, affinché non si dimentichino il suo volto.
Dimenticate la sensazione di smarrimento tipica della filmografia di Iñárritu, questa volta la storia è chiara e lineare e chiude il proprio cerchio tramite la scena finale, permettendo allo spettatore di concentrarsi sul pàthos piuttosto che confonderlo con giochi a incastro. Per la prima volta senza la sceneggiatura di Guillermo Arriaga dopo La trilogia sulla morte, Alejandro Iñárritu è chiamato alla sua definitiva consacrazione. Il risultato finale di Biutiful lo conferma tra i grandi della cinematografia del pianeta, un dramma totale senza fronzoli, capace di immergerci in un’esperienza che trascende i 148 minuti davanti allo schermo e ci lascia l’amaro in bocca per giorni, come solo i grandi film sanno fare.
Questo è il trailer.
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