Parte oggi Cult Classics Tv, la nostra nuova rubrica dedicata alle serie tv del passato che hanno fatto la storia della televisione. Si parte con Spazio 1999.
La serie è stata ideata nel 1973, e trasmessa la prima volta nel regno unito il 9 settembre 1975. Da noi è arrivata 44 anni fa esatti, il 31 gennaio del 1976. Accompagnata dalla bellissima sigla degli Oliver Onions, la serie è diventata in breve tempo una delle più seguite del nostro palinsesto televisivo.
Le stagioni complete di Spazio 1999 sono state tre, successivamente un improvviso taglio del budget l’ha resa orfana di un finale degno della fama conseguita.
I creatori dello show sono stati Gerry e Sylvia Anderson, il cui background raccoglieva esperienze importanti con altre serie cult, fra cui Thunderbirds ed UFO. La serie ha ricevuto da subito il favore dei fan, cosa non accaduta con scienziati ed autori illustri del tempo. Asimov, ad esempio, nonostante l’amore per l’idea di base, non ha mai nascosto il disappunto per gran parte delle scelte fatte dagli showrunner.
Ma veniamo alla trama. Spazio 1999 racconta le vicende di un gruppo di persone che, operanti sulla Base Lunare Alpha, vengono catapultati alla deriva nello spazio profondo dopo un’esplosione di materiale radioattivo. Persi nello spazio, gli occupanti della Base Lunare iniziano un viaggio incredibile che li porta ad incontrare diverse civiltà. Alcune di queste saranno ostili, altre cercheranno di instaurare un rapporto amichevole con i profughi del nostro satellite.
A comandare la base, solo da pochi giorni, John Koenig (Martin Landau). Con lui la Dottoressa Helen Russel (Barbara Bain), il professor Victor Bergman (Barry Morse), e la mutaforma Maya (Catherine Schell), vera novità della seconda stagione.
A differenza di quanto accaduto fino a quel momento storico, gli effetti speciali di Spazio 1999 sono da annoverare per quanto ben curati. A tal proposito, il nome dietro la cura degli effetti visivi è quello di Brian Johnson, grande protagonista in 2001: Odissea nello spazio, e futuro artista degli effetti visivi di L’impero colpisce ancora ed il primo Alien.
Per la realizzazione delle “Aquile“, le celebri astronavi protagoniste nello show, sono stati utilizzati modelli in scala molto accurati a differenza di come si era fatto, ad esempio, pochi anni prima per Star Trek. Gli interni, da ritenere assolutamente plausibili, hanno reso al pubblico un’esperienza visiva unica, quasi mai vissuta fino a quel momento in tv.
In Spazio 1999 non tutto ciò che luccica è però da ritenere oro. A tal proposisto va ricordato che lo show ha sempre sofferto di qualche incertezza nel montaggio. Non ha mai convinto la mancanza di accuratezza nella ricerca degli errori, con una ricerca frettolosa di soluzioni “insostenibili” dal punto di vista scientifico. Questi due importanti fattori danno l’idea che lo show, pregi a parte, era da considerare scuola UK, dove a contare era più l’immagine dell’avventura raccontata che la possibilità tecnica che essa venisse realmente compiuta.
In Conclusione la serie è da annoverare fra quelle Cult perché, per quanto non perfetta, ha fatto sognare lo spazio ad una generazione di appassionati di fantascienza sparsi per tutto il globo, contribuendo ad alimentare un genere reso famoso da Star Trek. Spazio 1999 ha avuto anche il pregio di aumentare il livello qualitativo con cui questa tipologia di fiction veniva realizzata.
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Sono cresciuto con Spazio 1999 e Ufo e spero, prima o poi, di vederne un remake, fedele e ben fatto. Ho sperato per anni, almeno fino alla morte di Martin Landau, in un seguito dove la vecchia generazione lasciasse l’eredità alla nuova, i figli dei protagonisti dove, magari, finalmente vedere un finale, un pò più impegnato del messaggio della pur bravissima Sandra.