andrea bosca studio uno

Da C’era una volta Studio Uno a La Porta Rossa, ecco la nostra lunga intervista a Andrea Bosca

Abbiamo avuto l’onore di intervistare Andrea Bosca, giovane attore che, a breve, tornerà sul piccolo schermo in due produzioni molto importanti: C’era una volta Studio Uno, in onda su Raiuno nelle due serate del 13 e 14 di febbraio, una miniserie che farà rivivere le emozioni dello storico programma televisivo e, ancora, La porta rossa, in onda su Raidue dal 22 febbraio, per 6 serate, scritta da Carlo Lucarelli.

Affermare che Andrea Bosca è un giovane attore non deve trarre in inganno: sebbene sia giovane d’età, è nato nel 1980 a Canelli, in realtà Andrea può vantare una filmografia che farebbe invidia a moltissimi attori, spaziando da produzioni televisive, a grandi film d’autore, a bellissime produzioni teatrali. Ma non vi diciamo di più e lasciamo parlare Andrea:

  • Universal Movies: “Ciao Andrea, benvenuto! Cominciamo dal fondo: ci puoi raccontare qualcosa della fiction C’era una volta Studio Uno, qual’è il tuo ruolo? Come è articolata?”
  • Andrea Bosca: “Sarà una fiction in due puntate per Raiuno, il regista è Riccardo Donna, con cui ho lavorato spesso e che,  in questo caso, mi ha scelto per il ruolo di un aiuto coreografo. Sono un ragazzo che lavora con Don Lurio. Nella poetica del film, le grandi star come Mina e Don Lurio vengono solo intraviste, in realtà il film racconta quello che succede dietro le quinte e racconta chi ha creato questi grandi spettacoli, quindi parla delle sarte, le ballerine, i cantanti...”
  • UM: “Difatti una cosa che si nota, vedendo il trailer, è che la fiction ha un punto di vista inedito, quello delle maestranze…”
  • AB: “Esatto, esatto! Si è posto l’accento su chi ha fatto e chi ha contribuito a fare grande Studio Uno, e che non era magari davanti alla cinepresa. Poi, Riccardo mi ha dato il ruolo di Stefano, che deve mettere insieme il corpo di danza. In quel periodo storico, in TV, si doveva essere bravi, poichè all’epoca si andava in onda sempre in diretta. C’era una cultura delle prove, era come uno spettacolo teatrale, si facevano tanti stili diversi, bisognava essere danzatori completi. Chiaramente noi abbiamo ricostruito i pezzi musicali vedendo i filmati originali. Io mi sono ispirato a diversi coreografi, ho incontrato Vittorio Cresci, ho lavorato a stretto contatto con Michela Crescentini, che è stata una dei coreografi di Studio Uno, ho visto come ha lavorato con gli altri e ho cercato di far mio il personaggio. Ho lavorato con Giusy Buscemi, che interpreta Elena, una danzatrice che deve imparare a credere in se stessa.”
  • UM: “Hai avuto modo di vedere già tutto il film finito?”
  • AB: “No, io, in realtà, ho visto solo delle piccole parti, perchè Riccardo su questo è molto serio e preferisce che noi lo vediamo quando è finito, montato, con le musiche. Sarà una sorpresa anche per noi…
  • UM: “Beh, il trailer è molto interessante, intrigante…”
  • AB: “Si, spero che piaccia! E’ un lavoro che abbiamo fatto con orgoglio…
  • UM: “Ci può dire qualcosa su La porta rossa? So che l’ha scritto il grande Lucarelli…”
  • andrea bosca intervistaAB: “Esatto! Per la regia di Carmine Elia, di cui sono amico e con cui ho lavorato in La dama velata. Sono molto felice che Carmine si sia potuto cimentare con una scrittura del genere, poichè è un thriller, ma ha anche degli elementi soprannaturali. In particolare, in questo film, io faccio la parte di Jonas che è un personaggio abbastanza misterioso, si interseca con il protagonista e lo sprona, lo punzecchia nelle situazioni difficili in cui lui si trova spesso, per cercare di superare certi suoi limiti. E’ una figura che mi piace molto perchè ha qualcosa di profetico, perchè è un personaggio che, quando appare, o scompare, ha sempre un momento importante, lancia una frase ad effetto…
  • UM: “Sembra un po’ il deux ex machina…”
  • AB: “No, non proprio un deux ex machina, ma è un personaggio interessante, perchè arriva dalla strada, un mezzo mariuolo, quasi speculare ad altri personaggi della fiction. Ha quella che si chiama street knowledge, e che ha acquisito leggendo, perchè è uno che non ha fatto scuole ma ha la mente sveglia, ha rubato qualcosa da Cechov, qualcosa da altri e magari ti lascia con una frase che non ti aspetti, ma illuminante. E’ un personaggio un po’ truffaldino che, però, nei confronti del nostro protagonista, è sempre una figura amichevole, quasi profetica, ma profetica di strada. Poteva essere un rapper.”
  • UM: “Sei soddisfatto di questa produzione?”
  • AB: “Si, sono molto contento perchè mi piace che questo tipo di poliziesco cominci ad essere prodotto in Italia, e credo che Carmine abbia fatto un lavoro eccellente…
  • UM: “… è una produzione un po’ inedita…”
  • AB: “Si, ha fatto una cosa ambiziosa e coraggiosa, siamo tutti con lui e vediamo cosa ne pensa il pubblico. In ogni caso noi siamo contenti perchè è un prodotto abbastanza nuovo per l’Italia, soprattutto sulla Raidue dove, quest’anno, ci sono stati degli ottimi prodotti.”
  • UM: “Invece, cosa ci racconti di Romanzo famigliare di Francesca Archibugi?”
  • AB: “Vi dico che è stata un’esperienza meravigliosa! Ci siamo proprio cementati durante le riprese, siamo diventati una famiglia. Forse è banale dirlo, lavoravamo sul tema della famiglia, sul rapporto tra le vecchie e le nuove generazioni, anche le nuovissime, visto che la nostra protagonista rimane incinta molto giovane. La cosa meravigliosa è che, con Francesca, abbiamo fatto un lavoro particolare, perchè lei lavora con i monitor attaccati a te, con la macchina da presa che è proprio lì, se c’è una cosa che fa ridere lei ride, se c’è qualcosa che fa piangere lei piange. E’ veramente meraviglioso perchè lei ha scritto questi personaggi che le appartengono intimamente, li ha scritti bene, ma, nello stesso tempo, sa immaginare una grande varietà di personaggi e da ad ognuno di loro un tocco inaspettato. Io interpreto un giovane rampollo di Livorno, che è la città di origine della protagonista, interpretata da Vittoria Puccini, un suo compagno di classe. Loro, che da giovani erano ricchi rampolli, invece hanno avuto diverse vicissitudini, portandoli su territori inediti. E la cosa bella è che Francesca ha creato un personaggio che è un po’ l’amico che avresti sempre voluto avere e anche un po’ scemo, è geniale per certe cose, dice delle cose a cui gli altri non avevano pensato, ma è una di quelle persone che hanno qualcosa di leggermente idiota. Io l’ho apprezzata, perchè mi sono potuto prendere un po’ in giro, in una chiave inedita, poi sapevo che venivo diretto da lei, quindi ero tranquillo. Girato tutto in livornese, mi sono preparato andando un mese prima a Livorno per imparare l’accento da alcuni miei amici livornesi, c’era un attore del cast che ci ha fatto un po’ da coach, poi ci ha presentato i suoi amici, poi a un certo punto ci ho fatto pure le vacanze, è diventato quindi un posto dell’anima. Capisco perchè molti amano Livorno, perchè ha una sua poesia.
  • UM: “Rispetto a Torino, sicuramente Livorno ha un’anima diversa…”
  • AB: “Ma io amo molto Torino, ho proprio iniziato al Teatro Stabile, ho vissuto a lungo a Torino, ogni volta che torno a girarci un film per me è una gioia perchè, conoscendo tutti i posti, mi trovo bene. Vado a trovare mia sorella, vado a trovare i miei genitori quando ho le pause, è proprio una città che è bella. Tornando alla produzione della Archibugi, ti posso dire che è stata proprio un’esperienza favolosa, noi ci sentiamo ancora fuori dal set. Questo è dato anche dal clima creato dal regista e Francesca è riuscita veramente a creare una famiglia. E’ bella anche la sua attitudine, che è molto femminile, lei va al cuore delle cose in maniera tutta sua, ha uno stile unico. E’ proprio peculiare, te ne accorgi quando c’è Francesca.”
  • UM: “E’ una produzione per il cinema o per la TV?”
  • AB: “E’ per la Tv, dove, però, la qualità è alta. Anche in Italia si è riusciti a coniugare la qualità con la serialità televisiva, vedi Manfredonia o Sorrentino che, con The young pope, ha fatto un prodotto meraviglioso. Il cinema comincia anche a interessarsi al mezzo televisivo. La serialità ha lanciato un modo di raccontare di alto livello, che si può fare con uno spirito cinematografico.
  • UM: “A tal proposito, volevo chiederti qualcosa su l’esperienza de I Medici, grande successo di pubblico e di critica della Raiuno.”
  • andrea bosca intervistaAB: “I Medici ha avuto un grande successo in Italia, e mi dicono anche all’estero, per la ricostruzione storica, il cast internazionale e una mano non banale dal punto di vista registico. Dal punto di vista, invece, attoriale, sicuramente è stato intrigante recitare in inglese, con dei coach molto bravi. La richiesta dell’inglese era di alto livello, è una lingua in cui recitare è quasi liberatorio. Io mi sono trovato benissimo con il cast, quando ho lavorato con Richard Madden e con Stuart Martin, è stato molto bello perchè loro sono tranquilli e competenti. Abbiamo girato la scena della colluttazione senza aver bisogno di nessuno stunt perchè ognuno di noi aveva lavorato con loro precedentemente, quindi abbiamo girato la scena con molta naturalezza e fiducia. Non è gente che si chiude in camerino, quindi ci vai a mangiare, fai due parole, e poi sul set c’è molta fiducia perchè ognuno pensa a far bene il suo lavoro. Devo anche dire che il regista, Sergio Mimica-Gezzan, è uno che sa cogliere una proposta, un’attitudine, un’azione in più e lui la sottolinea. Egli ha trattato ogni personaggio con delicatezza, ogni soggetto aveva il suo senso. Appari per poco ma sei, comunque, parte di un mondo, quindi devi raccontare quel mondo lì.
  • UM: “Per te non era la prima produzione internazionale, vero? Perchè tu hai lavorato anche con Abel Ferrara in Pasolini…”
  • AB: “Si, quella è stata un’esperienza strettamente cinematografica, siamo anche andati al Festival di Venezia. Io interpretavo la parte di Andrea Fago, che Pasolini immagina mentre scrive. E’ stato emozionante vedere questi attori che lavorano con passione, si trasformano, soprattutto ti ispira nel tuo lavoro. Mi ricordo Willem Dafoe. Io ho avuto a che fare poco con lui, però mi ricordo a Venezia, appena prima di andare alla proiezione, lui era in un angolo: abbiamo fatto una chiaccherata ed è stato illuminante. Lui era diventato veramente il suo personaggio.
  • UM: “Mi ricollego a questo discorso perchè vedo che nel tuo curriculum c’è un po’ di internazionale, ma anche molto teatro, soprattutto legato al tuo territorio d’origine, Canelli, e hai fatto anche qualcosa con gli scrittori del territorio Langhe e Roero. Mi piace molto questa dualità, queste due anime che vengono fuori…”
  • AB: “Si, perchè penso che quello sia ancora un territorio molto fertile. Dal punto di vista artistico è sicuramente difficile, poichè non molti riescono a emergere. Io sono sempre stato innamorato del mio territorio, ma, soprattutto, penso che ci siano delle storie che siano universali, anche se sono ambientate lì. Per esempio, Come acciaio vivo, tratto da Una questione privata di Beppe Fenoglio, che è stata la mia prima regia: avevo deciso che, se volevo raccontare qualcosa, doveva essere qualcosa a cui tenevo molto. E, in quell’archetipo, lo spettacolo vive ancora, anche se ormai è stato prodotto da alcuni anni. Per esempio, a breve sarò a Torino, il 25 di marzo 2017 al Tedaca, poichè abbiamo deciso che, siccome il nostro è uno sforzo completamente indipendente, lo spettacolo deve rimanere vivo. Ho cercato di inserirlo tra i miei vari impegni, e abbiamo fatto una piccola tournèe in Sicilia, quindi lo spettacolo continua a vivere. E, adesso, c’è questa tappa a Torino, a cui tengo molto perchè vuol dire che il nostro Fenoglio fa la sua strada. Io, comunque, non escludo che ci siano altre date.”
  • UM: “Mi piace molto il fatto che tu riesca a portare avanti tutti i tuoi progetti, sia quelli di respiro nazionale e internazionale, che quelli legati al tuo territorio. Torni spesso a Canelli? Ti piace tornare a casa?”
  • AB: “Si, torno spessissimo, sempre a Natale e a Pasqua, specie quando c’è tanto lavoro in pasticceria. Mi piace rivedere la mia famiglia, che è un punto fisso, assolutamente centrale per me.”
  • UM: “I tuoi prossimi progetti, oltre a quelli già citati?”
  • AB: “Sto lavorando ad una fiction che si chiama Il capitano Maria, con Vanessa Incontrada, che sto girando in questi giorni a Bari. Starò qui fino a quando non farò lo spettacolo a Torino.”
  • UM: “Speriamo, allora, di vederci a Torino per conoscerci di persona e per dare visibilità al tuo progetto…”
  • AB: “Mi fa piacere, mi raccomando, il 25 di marzo a Torino, dovete esserci tutti.”
  • UM: “Un’ultima domanda. Tu, come spettatore, cosa guardi?”
  • AB: “In questo periodo ho visto la serie TV Sherlock, che la trovo stupenda e, da poco, ho visto al cinema Collateral beauty, un film imperfetto ma emozionante da morire. C’è un cast pazzesco e un gigante Will Smith, mi ha commosso, mi ha fatto piangere, un film dal meccanismo complesso, quasi shakespeariano, ma, una volta che ci sei entrato dentro, ti tocca il cuore. Non avevo aspettative, non sapevo neanche cosa andavo a vedere, ma è stata una gran bella sorpresa.”
  • UM: “Grazie Andrea, ti faccio i complimenti perchè hai una filmografia da invidia, e ti faccio i miei più cari auguri per i tuoi prossimi progetti.”
  • AB: “E’ stato un piacere per me, grazie a Universal Movies.”

Ecco due trailer per voi:


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