Ha fatto della commedia, soprattutto romantica, il suo genere prediletto, collezionando una serie di successi per molti anni. Garry Marshall è morto nella città di Burbank all’età di 81 anni per complicazioni avvenute a seguito di un infarto.
Marshall, la cui famiglia era di origine italiana (il cognome originario del padre era infatti Masciarelli), era nato a New York nel 1934. La sua carriera inizia in televisione creando delle serie televisive destinate a entrare nella storia come Happy Days (che ha lanciato nell’Olimpo hollywoodiano Henry Winkler e il futuro regista Ron Howard) e lo spin-off di essa Mork & Mindy che ha contribuito a far conoscere a livello internazionale il talento istrionico di Robin Williams.
Il suo esordio al cinema avviene nel 982 con la commedia L’ospedale più pazzo del mondo che ottiene un discreto successo. Il successo planetario avviene però nel 1990 quando dirige Richard Gere e Julia Roberts in Pretty Woman, sorta di rivisitazione della fiaba di Cenerentola. La storia del miliardario che s’innamora di una prostituta fa breccia nel cuore di milioni di spettatori e fa sfracelli nei botteghini di tutto il mondo.
L’anno successivo dirige i divi Al Pacino e Michelle Pfeiffer in Paura d’amare, storia di un cuoco che s’innamora seduta stante di una cameriera la quale ha paura di una relazione impegnativa. Il 1999 vede nuovamente la collaborazione tra Marshall e i divi Gere/Roberts per la commedia Se scappi ti sposo, ma questa volta il successo è ben lontano rispetto al film del 1990.
Nel 2001 dirige una giovane Anne Hathaway in Pretty Princess, a cui farà seguito tre anni dopo Principe azzurro cercasi: due fiabe semplici semplici destinate soprattutto a un pubblico adolescenziale prevalentemente femminile che, anche grazie alla partecipazione di Julie Andrews, ottengono un discreto riscontro di pubblico.
Negli ultimi anni, Marshall ha puntato su commedie romantiche corali, caratterizzate da un variegato cast ricco di grandi nomi; Appuntamento con l’amore (2010), Capodanno a New York (2011) e l’ultimo Mother’s Day fanno parte di un’ideale trilogia dedicata alle feste in cui s’intrecciano storie e personaggi: il pubblico accoglie tiepidamente questi film mentre la critica li boccia senza possibilità di appello.
A Marshall va dato il merito di aver fatto un cinema semplice, pulito, destinato a far trascorrere allo spettatore due ore di svago; ma gli va anche riconosciuto il merito di aver lanciato la carriera di molti attori (quella della Roberts e di Williams in primis) i quali devono un sentito ringraziamento a questo regista, sempre attento a ciò che il pubblico voleva.
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