Funny Games film recensione

Funny Games: recensione del cult diretto da Michael Haneke

Per la rubrica Cult Classics abbiamo rivisto Funny Games, il film diretto da Michael Haneke nel lontano 1997. Ecco la recensione.

Germania. Una famiglia benestante è in viaggio verso la seconda casa sul lago. Mentre passa il tempo sfidandosi ad una sorta di ‘Sarabanda musica classica edition’, un brano grindcore (Bonehead dei Naked City, ndr) entra con prepotenza nella scena. La stessa prepotenza con cui Peter e Paul, due giovani eleganti e ben istruiti, entrano in casa della famiglia con il pretesto di chiedere delle uova. Inizia il gioco.

Il cordiale Paul veste il ruolo di un più moderno Alex DeLarge, il protagonista di Arancia Meccanica, che attraverso richieste di semplice esecuzione lascia alle sue vittime l’illusione di avere qualche controllo sulla loro sorte.

La mancanza di uno scopo estraneo al puro sadismo da parte di Peter e Paul, manda ancora più in crisi il padre di famiglia, la cui richiesta di spiegazioni viene sbeffeggiata e ridimensionata ad un tentativo psicoborghese di razionalizzare tutto. D’altronde, non tutto può avere un senso chiaro, tanto meno in un film in cui un telecomando funge da macchina del tempo.

Continuamente umiliata, la famiglia passa tutte le fasi della disperazione: dai tentativi di ribellione alla rassegnazione, passando per le suppliche di salvar loro la pelle, arrivando fino all’infinita scena muta da 1:05:28 a 1:13:56 (otto minuti e mezzo circa!).

Funny Games è un film del 1997 di Michael Haneke. Presentato al Festival di Cannes ed aspramente criticato, la pellicola diventa presto un cult di difficile inquadramento di genere, capace di creare una tensione tale da farla figurare spesso tra le prime posizioni delle classifiche dei film più ansiogeni di sempre.

Credevo che mai nella vita avrei fatto ricorso a questa espressione (speravo de mori’ prima), ma non posso non citare l’abbattimento della quarta parete pirandelliano attraverso cui Paul, rivolgendosi direttamente alla telecamera, flirta col pubblico, appassionato fruitore di questo porno della violenza, cercando di farlo empatizzare col lato oscuro. Una critica verso i mass media che forse oggi può apparire anche scontata, ma che nel 1997 trovava un senso nell’avvento di nuovi modi sempre più irruenti di fare televisione.


Funny Games
funny games cult recensione scaled

Regista: Michael Haneke

Valutazione dell'editor
4

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