Hollywood, recensione della serie Netflix creata da Ryan Murphy
Tra le novità del catalogo Netflix del mese di maggio c’è la scintillante mini-serie “Hollywood” creata da Ryan Murphy e da Ian Brennan; vi presentiamo la nostra recensione.
Nel corso degli anni Ryan Murphy ha lavorato a serie che hanno riscosso successo da parte del pubblico, come Glee, American Horror Story e Policitician, dando voce a personaggi omosessuali e minoranze etniche senza doverli utilizzare in escamotage narrativi, così fa anche con i suoi protagonisti di “Hollywood“.
Negli anni 40 la scritta bianca Hollywood capeggia sulle colline di Los Angeles, simbolo di una città dove approdano sognatori con l’obiettivo di diventare qualcuno nel luccicante mondo del cinema.
Tra questi c’è l’ex veterano di guerra Jack (David Corenswet) dall’aspetto belloccio ma un po’ legnoso per diventare attore, il visionario aspirante regista Raymond (Darren Criss) che vuole ridare lustro alla decadente star di origini asiatiche Anna May Wong (Michelle Krusiec), e il talentuoso sceneggiatore Archie (Jeremy Pope) che fatica nel far conoscere le sue storie a causa del colore della sua pelle. La loro occasione arriva nella lavorazione ad un film realizzato dagli Ace Studios e, le loro vicende si intrecciano con quelle dell’aspirante attrice Camille (Laura Harrier) e un giovane Rock Hudson (Jake Picking) e il suo agente Henry Wilson (Jim Parsons).
Murphy omaggia Hollywood riscrivendo la storia di quegli anni fatali per storia della Città degli Angeli, anni dettati dalle apparenze e dall’iconografia dello star system. La sua “Hollywood” è una favolistica ricostruzione dei fatti fondata da un what if che conduce lo spettatore in una realtà alternativa che ad oggi a noi potrebbe apparire come normalità ma che nel secondo dopo guerra era impensabile potesse accadere.
Ogni certezza viene rovesciata attraverso nuove opportunità concesse a chi ne è stato privato per una regolamentazione dettata dalla società di quegli anni.
I ricordi del passato vengono riscritti con uno stile patinato ma consapevole con il fine di cancellare l’ingiustizia subita dalla discriminazione.
Ogni personaggio di “Hollywood” segue un suo percorso attraverso un linea narrativa ben tratteggiata ed ispirata a persone realmente esistite in quegli anni.
Murphy e Brennan scelgono bene gli outsider su cui voler concentrare la loro narrazione, amalgamando la realtà fantastica (e favolistica) della serie con la storia reale per consegnare al loro pubblico dei sogni in cui credere. Lo si evince in particolar modo nel personaggio di Camille che, finalmente ottiene il suo primo ruolo da protagonista, lei, donna di colore relegata fino ad allora solo ad interpretare cameriere, anche dopo la vittoria agli Oscars di Hattie McDaniel (Queen Latifah), la Mamy di Via col vento.
Non è un caso che il film da realizzare nella storia è su Pet Entwistle, giovane attrice che si suicidò per non esser stata accettata nel mondo di Hollywood.
Ogni episodio di “Hollywood” è una tappa necessaria per superare i pregiudizi e cambiare così il mondo (del cinema), rendendolo più incluiivo e tollerante.
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