Hotel Artemis, la recensione del thriller con Jodie Foster
Il primo agosto arriverà nelle sale Hotel Artemis, thriller scritto, diretto e prodotto da Drew Pearce. Questa la nostra recensione.
Nel ruolo dell’infermiera che gestisce questo particolare “ricovero” troviamo Jodie Foster. Nel cast, tanti altri nomi di spicco fra cui Jeff Goldblum, Zachary Quinto e Dave Bautista.
In una Los Angeles proiettata dieci anni nel futuro, e sconvolta dalla privatizzazione dell’acqua, una banda tenta un colpo in banca. Durante la successiva fuga, i feriti dovranno ricorrere alle cure dell’Infermiera (Jodie Foster) e del suo particolare albergo, l’Hotel Artemis, utilizzato come ospedale per i criminali. Questa volta la struttura e la stessa infermiera verranno messi duramente alla prova per via degli ospiti presenti quella sera.
Commento
Hotel Artemis rappresenta l’esordio alla regia di Drew Pearce. Il suo film è acerbo, anche se con potenzialità tali da poter divenire un piccolo gioiello della cinematografia, e con richiami neanche troppo velati ad Agatha Christie. Nonostante un cast di eccezione, ed una storia che se meglio sviluppata e raccontata avrebbe potuto essere interessante ed avvincente, Hotel Artemis sfiora la sufficienza senza comunque guadagnarla appieno. Banale in alcuni momenti, senza colpi di scena degni di nota, il film si trascina per si suoi 94 minuti supportato solo dalla recitazione degli attori, e con pochi ed ininfluenti dettagli narrativi.
Grande attenzione va data alle ambientazioni scelte dal regista, con una Los Angeles messa a ferro e fuoco per la rivolta contro la privatizzazione dell’acqua, ciononostante queste risultano profondamente distaccate dagli eventi narrati nel film, ed è un peccato perché il tema trattato in background è una buona provocazione, e fa riflettere sul futuro del pianeta e sulle implicazioni di una possibile scelta del genere.
Un discorso a parte, invece, va fatto per gli attori. Tutti bene nella parte. La Foster su tutti, capace di creare un personaggio oltre la sua abituale zona di comfort. L’infermiera è una donna anziana, distrutta nell’animo, che si trova, suo malgrado, costretta a scendere a patti con la malavita pur di riuscire ad esercitare ancora il suo mestiere nella speranza di salvare quante più vite possibili. Un personaggio sufficientemente approfondito dal regista, l’unico in realtà dotato di un certo spessore. Gli altri personaggi si muovono sullo schermo senza nessuna profondità, nati per recitare quel ruolo, quel cliché. Ecco quindi che Everest (Dave Bautista) è il gigante buono che esegue il suo compito, Re Lupo (Jeff Goldblum) è la rappresentazione perfetta del Boss, con un figlio (Zachary Quinto) che vive nell’ombra del padre senza mai riuscire ad inorgoglirlo. Così via gli altri, Nizza (Sofia Boutella), è la killer perfetta, Acapulco (Charlie Day) è il classico trafficante di armi, convinto che ogni cosa si compri coi soldi. Ognuno è l’ingranaggio, o il pezzo degli scacchi, che deve essere, dall’inizio alla fine della pellicola, senza regalare allo spettatore nulla più di quello che ci si aspetti che faccia. Ed è un vero peccato, nonostante questa peculiarità sia stata ben espressa da alcuni dialoghi, volutamente inseriti nella narrazione.
Jenny Slate (la poliziotta Morgan), Brian Tyree Henry (Honolulu) e Sterling K. Brown, nel ruolo di Waikiki, completano il cast con quest’ultimo nel ruolo della mente della banda che pianifica il colpo che dà inizio agli eventi.
Scopri di più da UNIVERSAL MOVIES
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.