Amazon Prime Video ha rilasciato la prima stagione di Hunters, serie con un Al Pacino in grande spolvero. Questa la recensione.
Trama: Siamo nel 1977 nella città di New York. Ruth (Jeannie Berlin) viene brutalmente uccisa a sangue freddo da uno sconosciuto nella sua abitazione. La donna è sopravvissuta ad Auschwitz, e pensava di aver lasciato gli orrori della guerra oltreoceano, ma purtroppo sembra che i nazisti abbiano raggiunto a loro volta il continente americano continuando a portare morte e sofferenza. La comunità ebraica – di cui Ruth faceva parte – si stringe intorno al suo unico nipote, Jonah (Logan Lerman). Fra i tanti personaggi che avvicinano il giovane nel giorno del funerale della nonna c’è Meyer Offerman (Al Pacino). Questi prenderà a cuore le sorti di Jonah per un debito contratto ai tempi della prigionia con Ruth. Meyer farà conoscere al ragazzo un eterogeneo gruppo di personaggi che lo aiutano nella caccia, ovvero la vendetta perpetrata come unica giustizia possibile nei confronti dei carnefici del terzo reich.
Riusciranno a prenderli tutti ed a porre fine ai piani di rinascita messi in atto dai nazisti?
Commento
Abbiamo iniziato a raccontarvi Hunters con l’anteprima dei primi due episodi qualche giorno fa. Lì avevamo apprezzato questa serie senza però poterla giudicare nel suo insieme. Senza riuscire ad avere un quadro completo delle vicende e delle sue sottotrame che erano, in quel caso, solo abbozzate. Oggi vogliamo confermarvi che Amazon ha colto nel segno creando una serie dai toni duri e con immagini crude che colpiscono dritto al cuore.
Il suo ritmo serrato e coinvolgente già dalle prime battute coglie nel segno, proiettando lo spettatore in un caleidoscopio di emozioni che sfociano in rabbia e grida di giustizia per quanto patito dai protagonisti delle vicende. Mai banale, sempre cinica, spesso critica nei confronti di una politica scellerata perpetrata dagli USA nei momenti successivi alla fine del secondo conflitto bellico, Hunters è una serie che fa della fiction una denuncia nuda e cruda ad un sistema politico che, ancora alla fine degli anni ’70, irretiva gli animi degli statunitensi. Frecciate pesanti al governo Carter ed alle amministrazioni precedenti vengono dispensate sotto forma di spot pubblicitari, dando un inquietante tono ironico a situazioni ben più drammatiche.
Tanti sono i registi che si sono seduti dietro la macchina da presa. Ognuno di loro ha fatto bene, riuscendo a animare in modo corretto queste storie, ispirate ai veri cacciatori di nazisti. Tra questi, citiamo Simon Wiesenthal, il quale confezione un prodotto violento ma non gratuitamente splatter. Tarantino, con Bastardi senza Gloria, ha tracciato una rotta, ma Hunters ha creato una nuova strada.
Ottime le ricostruzioni delle ambientazioni e dello spirito che animava le strade di New York a fine anni ’70.
Al Pacino è ben calato nei panni del cacciatore che punta il branco per arrivare al capo, il Lupo che lo ha traumatizzato e gli ha rovinato la vita. L’attore che è stato Scarface, Serpico e Michael Corleone dispensa morte con la stessa naturalezza con cui declamerebbe una poesia in mezzo ad un gruppo di amici. Questa sua caratteristica gli permette di dare vita ad un personaggio che fa della vendetta la propria ragione di vita e che fa da spina dorsale all’intera serie, in un crescendo drammatico che solo un attore del suo calibro poteva sostenere.
Bene tutti, comunque, a partire da Logan Lerman che crea un Jonah a metà fra Bruce Wayne e Peter Parker, un eroe – suo malgrado – che viaggia su una sottile linea rossa (di sangue) che lo mantiene in equilibrio fra la luce e le tenebre. Piace ricordare anche Saul Rubinek (Murray Markowitz) e Carol Kane (Mindy Markowitz), i quali danno vita ad una coppia segnata pesantemente dalla guerra, ma che, anche di fronte agli eventi più cruenti, cercano di non perdere la loro umanità lasciando gli spettatori a bocca aperta e con un groppo alla gola per l’intera serie.
Nazisti ben caratterizzati fanno da contraltare ai personaggi principali rendendo ancora più inquietante tutto il contesto narrativo. Fra loro vanno evidenziate le prove di Dylan Baker, Lena Olin e Greg Austin.
La colonna sonora, affidata a Cristobal Tapia de Veer, è di tutto rispetto e rende emozionanti, oltremodo, la maggior parte delle sequenze, anch’esse degne di nota.
Il finale sorprendente lascia le porte aperte ad una seconda stagione che ancora non è stata annunciata.
Ultima nota, per le immagini esplicite ed i contenuti, la serie è vietata ai minori di 16 anni.
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