Per la rubrica Il Cinema Invisibile, oggi ci occupiamo di Cruising, diretto da William Friedkin e datato 1980, tratto dal romanzo di Gerald Walker e interpretato da Al Pacino, Karen Allen, Paul Sorvino e Joe Spinell. Il film, all’epoca della sua uscita, si attirò le ire della comunità gay secondo la quale il film rappresenterebbe gli omosessuali in modo distorto e la produzione venne accusata di omofobia; per questo motivo, il film subì una censura drastica che fece tagliare diverse parti ritenute troppo spinte e la versione giunta fino a noi è priva di circa 40 minuti.
Per individuare un killer che sta facendo strage di omosessuali, e dopo aver rinvenuto un corpo nel fiume Hudson, il poliziotto Steve Burns è incaricato dal capitano Edelson di penetrare in incognito nel quartiere dove i gay vanno a trascorrere le serate nei locali sadomaso. Per Burns si tratterà di una discesa negli inferi dove la sua moralità e la sua identità sessuale verranno scosse nel profondo, incrinando anche il rapporto con la sua fidanzata.
Sceneggiato dallo stesso regista, Cruising è un film che si propone di indagare il lato più oscuro e profondo dell’essere umano usando gli stilemi del thriller ma giungendo a ben altre conclusioni. Friedkin, che da Il braccio violento della legge passando per L’esorcista non ha mai celato la sua visione ambigua e malvagia nei confronti dell’uomo, mette in scena il mondo gay senza cadere nel ridicolo, rappresentandolo nel modo più buio e misterioso possibile.
Questa tenebra che avvolge perennemente il film è visualizzata esteriormente (molte scene sono ambientate di notte) per far immergere lo spettatore in un mondo che è privo di luce, e che anche per questo scatenò numerose polemiche, ma serve anche per emblematizzare l’oscurità dell’animo umano che è avvolto e avviluppato nel male e che non risparmia nessuno, nemmeno Burns (e il cognome, che tradotto indica la terza persona del presente del verbo bruciare, non è scelto a caso). Per questo, la scelta di Friedkin di inserire dettagli subliminali hard nella versione integrale (uscita nel 2007) durante alcuni omicidi risulta efficace e non gratuita: l’omicidio paragonato all’atto sessuale, e viceversa.
Come sempre, al regista interessa soprattutto sollevare domande piuttosto che dare risposte e perciò l’anima del thriller del film viene fatta cadere, trasformandosi in un esempio di cinema che vuole sì indagare, ma non esclusivamente su un caso di omicidio, bensì su quanto si è disposti a sacrificare di se stessi e quanto in profondità si è disposti a scavare, sia dentro di noi sia all’interno di una comunità che ha i propri angoli bui. La scoperta di una sessualità che non appartiene a Burns diventa così metafora di una scoperta di una visione diversa di se stessi, e in questo Cruising può essere definito un diretto prosieguo de L’esorcista; il male per il male, là l’anima all’interno di un corpo, qui il corpo come contenitore dell’anima (o delle anime).
Specchi, trucco e occhiali: gli elementi che rimandano all’immagine di un’immagine ci sono tutti nel film, soprattutto nell’inquadratura finale che sembra ribaltare le carte in tavola, o forse no: l’ambiguità è resa alla massima potenza espressiva e sta allo spettatore fornire un’ipotesi su quanto visto fino ad allora. Sarà per questo motivo che Pacino, nonostante una delle sue prove migliori, non ha mai voluto vedere il film finito?
Cruising è un film in anticipo sui tempi, che ha fatto versare fiumi di inchiostro e che tuttora non smette di angosciare per la sua forma e per ciò che mostra pur celando, facendo vedere ma nascondendo dettagli che potrebbero rendere il film più limpido (in tutti i sensi); ma, proprio per questo, conserva intatto il suo fascino che per alcuni può provocare repulsione e odio ma, checchè se ne dica, attrae inesorabilmente nel suo vortice.
Di seguito, il trailer del film.
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