Non vi è mai capitato di accendere per caso la televisione e imbattervi in un film che, così su due piedi, non vi dice un granché ma dopo un’ora e mezza circa, diventa uno dei film migliori che abbiate mai visto? Beh, questo è quello che è successo a me con Le mele di Adamo.
Prendete un prete protestante, un nazista appena uscito dal carcere, un siriano molto violento, un’altra coppia di personaggi problematici e rinchiudeteli in una Chiesa. No, non è l’inizio di una barzelletta ma una breve presentazione dei protagonisti di questo film. Incredibile a dirsi, il più sano di mente di tutti è proprio il nazista, Adam.
Una trama che rimane sospesa tra l’assurdo, il commovente, lo spietato e improvvisi colpi di scena. Quello che sembra un apparente reinserimento nella società di un soggetto problematico, diventa una vera e propria lotta tra l’instancabile e insistente atteggiamento del prete di bloccare tutto ciò che è brutto, tappandosi gli occhi per non soffrire ulteriormente delle ingiustizie del mondo, e la forza violenta di Adam, che farà di tutto per metterlo davanti alla cruda realtà della vita.
Il bello di questo film non è solo l’imprevedibilità degli eventi, ma la sottile linea del bene che, per quanto sia a volte difficile seguire, alla fine è l’unica via per migliorare, cambiare e vivere seguendo una meta.
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