L’intervista a Federico Del Buono, il regista di Il Muro tra di Noi
Nei giorni scorsi abbiamo intervistato Federico del Buono, emergente regista italiano, autore dell’acclamatissimo Il muro tra di noi.
Già recensito sulle nostre pagine (qui), il corto è risultato di brillante fattura, con un cast d’eccezione composto da Ivano Marescotti, Stefano Pesce, Vito (Stefano Bicocchi) e da Vanessa Montanari, attrice che ha già lavorato con Del Buono nei suoi precedenti lavori.
Il regista, classe 1992, ha risposto volentieri ad alcune domande che gli abbiamo posto e che vi riportiamo qui di seguito.
Come procedono le cose con “Il Muro tra di noi”?
Tutto bene, abbiamo iniziato a vedere quelle che sono le attività per il prossimo futuro, molto probabilmente la presentazione al pubblico sarà per il 2020. Abbiamo la possibilità di portarlo ai festival, alcuni sono già passati, ma non pensiamo che questo possa essere un problema. Toronto e Venezia sono alle spalle, ma abbiamo ancora altri festival per il 2019 e c’è tutto il 2020 per poter far si che il film sia apprezzato anche al di fuori dell’ambito nazionale, ci stiamo già muovendo con la realizzazione dei sottotitoli.
Abbiamo recensito, da subito, in modo positivo il tuo “corto”, hai scelto degli interpreti fenomenali.
Hanno fatto un lavoro eccezionale, Marescotti e Pesce sono bravissimi, ma sono tutti e quattro bravi, sono tutti bolognesi, questo per me è stata una bella soddisfazione. Riuscire a dirigere un maestro come Marescotti e farlo lavorare in quel modo penso ti rende felice e soddisfatto del tuo lavoro, sono rimasto stupito di come sia venuto il lavoro, nonostante avessi ben chiaro in mente ciò che dirigevo, avendolo scritto io stesso.
L’impronta del regista, la tua, è ben definita e presente. Va bene la bravura dei protagonisti, ma non è tutto merito loro, anzi, c’è molto di tuo nel realizzare il film
E’ vero. abbiamo lavorato molto, nonostante siano attori di grande calibro hanno voluto dedicare parecchio tempo alla struttura del copione, ai personaggi. A volte siamo arrivati addirittura a discutere animatamente, proprio perché erano veramente immersi nella storia, nel loro Character. E’ stata una soddisfazione vedere attori che hanno lavorato con grandissimi registi, con grandi produzioni, impegnarsi così tanto in un cortometraggio che – senza ridimensionarlo – non è nulla rispetto ai lavori che hanno fatto finora.
E’ vero, ma d’altro canto un cortometraggio offre all’attore la possibilità di mostrare se stesso senza dover sottostare a troppe regole di marketing, mode, e quant’altro rappresentato dalle grandi produzioni
Si, fiction e film di un certo livello sono dettate dalle produzioni stesse che magari dettano il ritmo anche per la parte artistica. mentre nei cortometraggi c’è meno pressione, meno ansia. L’attore si sente libero di lavorare al meglio delle proprie possibilità, osando. Con tutto il lavoro che abbiamo fatto prima dei ciak mi trovavo nella possibilità di dare solo piccoli suggerimenti. Siamo stati talmente bravi nel preparare la singola scena che, quando partiva la macchina da presa, ci trovavamo di fronte ad una sorta di rappresentazione teatrale, dove ognuno sapeva ciò che doveva fare -e dire- senza bisogno del mio intervento.
Sei un artista poliedrico. Scrittore, regista, attore, Federico a quale categoria sente di appartenere.
Io nasco come scrittore, fin da piccolo mi piaceva inventare storie, il cinema era la passione proibita. Passione che pensavo restasse un mero sogno nel cassetto. Bologna non è Roma da un punto di vista di possibilità cinematografiche. Anche la musica è una mia grande passione. Ma diciamo che fino ad un certo punto vedevo il cinema solo come una chimera fino a quando non ho iniziato a fare le cose seriamente. All’inizio come attore, con qualche spot sulle reti locali, poi pian piano sono riuscito a salire di un gradino, ho preso parte ad alcune fiction, ho lavorato ad esempio per l’Ispettore Coliandro. Mentre recitavo mi rendevo conto, però, che quello che veramente mi appassionava era mettermi dietro la macchina da presa. Ammiravo gli attori, ma mi divertiva molto di più il lavoro del regista. Mi rendevo conto che dirigere il set era una grande responsabilità. Si è vero, sei la persona che meno appare, ma sei quello che detta i ritmi ed orchestra il lavoro degli altri. E’ da te che parte tutto, ho iniziato quindi a scrivere le prime sceneggiature, quasi per gioco. Trovami è state la prima sceneggiatura. Una volta pronta l’ho affidata ad una persona di cui avevo stima e di cui mi fidavo, ma mi son reso conto che ha fatto un lavoro che a me non piaceva. A quel punto ho deciso di dirigere le mie sceneggiature, almeno finché si trattava di piccoli lavori. Così è stato per Conquista il Mondo. In ogni caso la regia è quello che prevale, ma dovessero offrirmi un ruolo d’attore in un progetto che mi soddisfa non lo scarterei a priori.
Poter dirigere una propria sceneggiatura, una propria idea è quello che ogni regista vorrebbe fare, non trovi?
Esatto, fra l’altro io non cerco mai di creare un corto come riassunto di una storia lunga ma – e qui la mia esperienza di scrittore mi aiuta – cerco di creare delle sotto storie che non sempre sono decise e delineate ma che danno possibilità allo spettatore di varcare quelle porte che lascio appositamente aperte a chi vede i miei lavori di modo che siano loro stessi ad arricchire il pensiero stesso che volevo mostrare sullo schermo. Un cortometraggio non dovrebbe fare solitamente questo, magari lo dovrebbe accennare appena questo aspetto, io invece cerco sempre di esagerare questa visione con i finali aperti, infatti molte delle persone che hanno visto i miei lavori continuavano a chiedermi quando arrivava il capitolo successivo.
Hai paura che sperimentando troppo si possano commettere degli errori oppure pensi che gli errori servano a crescere.
Tutti fanno degli errori, anche Sorrentino li ha fatti, l’importante è saperli accettare e affrontarli nel verso giusto, del resto non tutto riesce così come te lo immagini nella tua mente, prendi Il Muro tra di Noi ad esempio. Avevamo deciso di girare a maggio, sperando in un clima ed in una stagione che non c’è stata. Abbiamo avuto tre giorni di pioggia ininterrotta durante le riprese che ci hanno costretto ad operare delle modifiche a quanto pensavamo di fare. L’importante è non cercare alibi nel momento in cui si commettono gli errori. Del resto chi sono io per pensare di non commettere errori, soprattutto ora che sono agli inizi?
Quando ci siamo sentiti in precedenza, mi avevi detto che avresti voluto perfezionare ancora di più Il Muro tra di Noi, in particolare a cosa ti riferivi.
Si ci sono alcune cose che avrei voluto realizzare differentemente. Come ti dicevo prima, già il fatto che il tempo non ci ha assistiti non mi ha permesso di lavorare con la macchina da prese così come mi ero prefissato. Però tutto sommato è un bel gioiellino. Io son uno che cerca sempre il pelo nell’uovo. Anche di fronte ad un lavoro ben riuscito cerco sempre di pensare a come avrei potuto far meglio.
Tieni molto ai dettagli, si vede nelle tue opere:
si se lasci andare troppo le cose lo spettatore se ne rende conto e potresti correre il rischio che se ne vada dal cinema annoiato o deluso.
Il Federico regista a chi si ispira
io non mi ispiro a qualcuno in particolare, ma ogni persona che mi trasmette passione è per me fonte di ispirazione. Può essere un attore, uno sceneggiatore oppure qualcuno che vive il set da anni, e mi trasmette la sua visione del mondo cinematografico, anche un attrezzista ha qualcosa da raccontarmi. E chiaro, comunque, che bisogna saper rubare con l’occhio a chi questo mestiere lo fa da molto più tempo di me, senza però diventare un clone o senza voler scimmiottare quel tal regista. In Italia abbiamo dei riferimenti incredibili, fra i tanti possiamo nominare Sorrentino, Muccino o Garrone dei nuovi, e poi ci sono gli storici. Li però si parla dell’enciclopedia del cinema e bisogna stare attenti a fare determinati raffronti cercando di imitarli. Si parla di altri tempi e di un altro modo di far cinema. Rischi di essere visto solo come un emulatore che poco ha da aggiungere al panorama italiano ed internazionale. Cerco comunque di ispirarmi a chi racconta storie vere. La qualità premia, non mi interessa il contatore al botteghino. La quantità la lascio ai registi di Hollywood. Purtroppo noi in Italia siamo anche bravi a farci male da soli. Al cinema è da poco uscito Mio Fratello rincorre i dinosauri, che è un ottimo film, di spessore, ma che non è stato pubblicizzato a dovere, anche la stampa sponsorizza i soliti noti. Certo, non possiamo pretendere che faccia concorrenza a C’era una volta ad Hollywood, ma ormai solo di quest’ultimo si parla. Molto comunque si fa nelle singole regioni per cercare di aiutare il lavoro dei registi italiani, per fargli coltivare i propri sogni. Emilia Romagna e Lazio sono quelle che più spingono in tal senso.
Che rappresenta per te Il muro tra di noi.
Pochi giorni fa ho parlato con il produttore Giorgio Ciani. Lui è stato quello che mi ha permesso di realizzare tutto questo. Lui ha preso contatto con le istituzioni, con gli attori, ecc. Parlando con lui mi sono reso conto, senza essere arrogante, che più di quello che ho realizzato con Il muro tra di noi, non posso portare sullo schermo a livello di cortometraggi. Non perché sia un capolavoro, ma perché a livello di struttura tecnica, di attori che recitano. Abbiamo due protagonisti di eccezione, e due coprotagonisti non da meno. Una struttura di produzione altissima. La regione ed il comune di Bologna che hanno voluto partecipare, cosi come alcune associazioni private che si sono proposte per entrare nel progetto. Per superare quanto fatto, bisognerebbe fare qualcosa di ancora più grandioso e per un cortometraggio è una sorta di pecca, si tenderebbe a snaturare il senso del cortometraggio stesso, che nasce appunto per dare modo a tutti di potersi esercitare. I cortometraggi sono anzitutto delle palestre. Sono prodotti da presentare ai festival, si corre il rischio di sparare col cannone su una formica. La soddisfazione per un regista è quella di realizzare il corto per poi presentarlo al pubblico. Per me, aver avuto l’opportunità di dirigere Marescotti e Pesce è stata una grande soddisfazione, ora debbo cercare di guardare più avanti stando attento a non fare il passo più lungo della gamba. Purtroppo non posso anticiparti nulla, nel 2020 succederà qualcosa di fantastico e non vedo l’ora che arrivi.
per quanto riguarda invece un nuovo libro, dopo The Milky Way?
Purtroppo li sono un po’ fermo, la mia casa editrice continua a chiedermi nuovi lavori ma sa bene che la priorità per me è il cinema, The Milky Way, ad esempio l’ho pensato quanto avevo solo 15 anni e ci ho messo 10 anni per metterlo su carta e distribuirlo. Un nuovo romanzo lo sto scrivendo ma non sono interessato – sembra strano da dire – a diventare famoso, a me piace fare ciò che faccio, divertendomi nel farlo. Ho la fortuna di amare sia la regia sia la scrittura, purtroppo non riesco a trovare il tempo in questo periodo per la scrittura.
Ho visto Un uomo, un mostro, un mistero, corto di David Harbour su Netflix. Pensi che il tuo possa essere un prodotto appetibile per le piattaforme di streaming?
Per quanto riguarda conquista il mondo abbiamo un accordo con un’azienda americana (la SGM Distribution, ndr) che si occupa della distribuzione al di fuori dei festival, ovvero cinema, voli aerei ed appunto piattaforme di streaming. Netflix visto la scissione con Disney sta cercando di aggiungere elementi al proprio catalogo, da quel che sappiamo – entro il 2020 – Conquista il mondo verrà distribuito negli states, spero di riuscire a far distribuire anche Il muro tra di noi, visto che con questa azienda abbiamo un contratto pluriennale. A mio avviso, entrambi, si adattano a tale distribuzione. Il muro tra di noi, non è una storia non vista ma i contenuti che trasmette permettono ad ogni spettatore di trovare la chiave di lettura adatta a se stesso. Ognuno di noi ha un rapporto conflittuale, non deve essere necessariamente un rapporto padre-figlio, ma anche di amicizia o fra due fratelli. La novità è il modo in cui raccontiamo la vicenda. L’idea alla base della storia è il trasportare la stessa su due oggetti inanimati, la rosa e il fischietto, io ho cercato di far vedere il meno possibile il fischietto per catturare quanto più possibile l’attenzione, se lo avessi sdoganato mostrandolo come e quanto la rosa, gli avrei tolto il significato che ha. Quel legame che non esiste (con la figlia).
Vuoi aggiungere qualcosa su Vanessa Montanari?
Vista la presenza di questi tre tenori nel cortometraggio, molti – all’inizio – mi hanno cassato l’idea di mettere un’attrice quasi esordiente a lavorare con loro, nonostante la stessa abbia vinto dieci premi internazionali con conquista il mondo. Debbo dire che la scelta è stata vincente. Vanessa non solo ha dimostrato, una volta in più, la stoffa di cui è fatta ma (soprattutto) non ha sfigurato di fronte agli altri. In ogni caso ho cercato di portare quante più persone del cast tecnico anche in questo nuovo progetto, perché per me è fondamentale riconoscere il lavoro di ogni mio collaboratore, ed avendo apprezzato il lavoro di ognuno di loro nel precedente cortometraggio ho ritenuto corretto averli al mio fianco anche in questa occasione. E non posso che ringraziarli nuovamente.
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