L’intrepido: Recensione del film di Gianni Amelio
L’intrepido è un film del 2013 diretto da Gianni Amelio, presentato alla 70ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Questa è la nostra recensione.
Antonio (Antonio Albanese) sbarca il lunario facendo il rimpiazzo, ovvero sostituendo provvisoriamente lavoratori di ogni tipo, sguinzagliato ovunque da un uomo che assomiglia più ad un magnaccio che ad un datore di lavoro (“… È brutto la mattina quando ti alzi e non sai dove andare, quando non ti fai neanche la barba perchè tanto non devi uscire di casa. Io invece voglio farmi la barba tutti i giorni… “).
Reduce da un matrimonio finito a causa della scelta di sua moglie di lasciarlo per un uomo con maggiore solidità economica, Antonio conosce Lucia, una ragazza della stessa età di suo figlio a cui offre teneramente un aiuto durante un concorso. Sebbene Lucia irrida Antonio per la pochezza delle sue aspirazioni, dimostra presto lei stessa di non averne di precise: è lo specchio di un’epoca in cui i boomers nobilitano il lavoro a prescindere da quale esso sia (“È un privilegio guadagnarsi il pane con il lavoro che ti piace”) e i giovani screditano tutto, come pesciolini giustamente incazzati ma ingiustificabilmente privi di idee.
Eppure un dialogo esule da frivoli stereotipi è possibile: i problemi di più recente espansione, come il disturbo da attacchi di panico, Antonio non li capisce; ma lo ammette candidamente e non se ne beffa, va incontro alla nuova generazione, cerca di trovare punti in comune con le sue esperienze (‘Quando eri piccolo e non parlavi ancora, io non capivo perché piangessi. Ma stavo là, in silenzio, e ti passava’).
In un mondo pregno di agonismo i più sensibili rischiano di soccombere e sia suo figlio che Lucia si trovano in balia delle loro debolezze, ma solo uno dei due accetta l’aiuto del più anziano guadagnandosi la salvezza.
(“La fame è una brutta cosa, l’appetito è una cosa buona”)
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