La Famiglia Addams (The Addams Family) è un film d’animazione diretto da Greg Tiernan e Conrad Vernon che riprende i personaggi creati da Charles Addams. Questa è la recensione.
Cacciati dal proprio paese per la loro natura bizzarra e macabra, Gomez e Morticia Addams trovano la loro casa ideale nel New Jersey dove decidono di impiantare le loro radici. 13 anni dopo, avuti i figli Mercoledì e Bugsley, gli Addams vedono la loro routine rotta a causa della bieca Margaux Needler, una conduttrice di reality televisivi che vuole distruggere il maniero degli Addams per poter ultimare la zona residenziale accanto ad esso.
Il commento
I personaggi creati da Charles Addams rivivono in questo lungometraggio animato dopo la celebre serie televisiva degli anni Sessanta e i due film di Barry Sonnenfeld degli anni Novanta.
A farla da padrone in questo film sono i richiami, più che all’universo macabro e tetro degli Addams, a quello tipicamente burtoniano degli inizi, come dimostra la cittadina creata da Margaux e la contrapposizione col maniero degli Addams che fa tornare subito alla mente Edward mani di forbice.
Per il resto si tratta del solito trionfo di buoni sentimenti come nella media dei cartoon statunitensi. La componente cartoonesca che sta alla base del film, infatti, mal si confà alla macabra famiglia finendo con lo snaturare non solo i personaggi, ma anche l’intero microcosmo creato da Addams.
Basti guardare come vengono sfruttati i singoli personaggi: Gomez e Morticia (con le voci originali di Oscar Isaac e Charlize Theron) sembrano figurine prive anche di quel sense of macabre che pure erano riusciti a restituire Raul Julia e Anjelica Huston; Mercoledì, che all’inizio è quella che sembra promettere il meglio, si perde nella piattezza della trama e Bugsley vive il solito rapporto/scontro tra padre e figlio.
Se da una parte i registi tentato di riproporre uno humour nero che strizza l’occhio al pubblico adulto, cercando di recuperare lo spirito della serie tv, dall’altra non resistono alla tentazione di infilare una serie di gag per compiacere i più piccoli.
Ne risulta perciò un prodotto a metà, un “vorrei ma non posso” che alla fine riesce a scontentare tutti a causa anche di una trama e di una morale (bisogna accettarsi per quello che si è senza omologarsi al mondo) che sanno di déjà vu.
E non basta tirare in ballo discorsi sulla pericolosità dei social network, sull’arrivismo sociale o sulla necessità di apparire: questioni troppo complesse per i bambini, troppo superficiali per gli adulti.
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