Abbiamo visto la prima stagione di Dark, la nuova serie sci-fi dal tono molto scuro di co-produzione Netflix, e questa è la nostra recensione.
La prima produzione tedesca ad approdare su Netflix è Dark, creata da Baran bo Odar e Jantje Friese. Iniziando a guardarla non si può non fare un parallelo fra le ambientazioni di questa serie e quelle di Stranger Things. Le atmosfere cupe e quel senso di malinconia creano una liaison, una specie di family feeling per tutte le produzioni con quel tocco di mistero e di soprannaturale di Netflix. Dark è, però, una serie a sé. Il castello narrativo è ben diverso da quello di ST, la narrazione degli anni ’80 – ebbene sì, anche qui ci sarà una sorta di “tuffo nel passato” – sarà trattata in modo differente e con uno scopo diverso.
Gli eventi narrati in Dark, misteriosi e affascinanti, sono legati fra loro su più piani temporali. il “Butterfly Effect” è presente in tutti gli episodi che compongono la prima stagione.
Tanta è la voglia di comprendere gli accadimenti e forte è la curiosità che gli appassionati, più bramosi, si faranno trascinare in una maratona TV in un’escalation di avvenimenti e di colpi di scena scanditi da un ritmo sempre crescente. Gli episodi non hanno momenti morti. Ogni singolo dettaglio mostrato allo spettatore si rivela utile per comprendere o per “credere” di comprendere ciò che accadrà fra poco o che è accaduto nel passato.
Dark ha diverse ambientazioni temporali, con cicli di 33 anni gli avvenimenti della cittadina di Winden sembrano tristemente ripetersi. Ci troviamo di fronte, quindi, a due piani narrativi separati, ma paralleli, uno nel 1986 ed uno nel 2019. La sparizione di alcuni ragazzi coinvolgerà e connetterà fra loro diverse famiglie. Incontreremo, da subito, l’impulsivo detective Ulrich Nielsen (Oliver Masucci nel 2019 e Ludger Bökelmann nel 1986), la sua collega Charlotte Doppler (Karoline Eichhorn), per poi passare a Jonas Kahnwald (Louis Hofmann) in un certo senso fulcro dell’intera vicenda, così come la caverna che fa da trait d’union fra i due periodi storici.
Dark si muove bene fra passato e presente. sicuramente Ritorno al Futuro di Zemeckis ha fatto scuola nell’affrontare i paradossi temporali, gli autori riescono a disegnare situazioni intricate in modo semplice. Lo spettatore viene coinvolto e non spaventato dalla complessità degli eventi.
I personaggi di Dark non sono né buoni né cattivi, sono esseri umani con i loro pregi ed i loro difetti, che animati da passioni più o meno positive sono attori e spettatori dell’universo che li circonda, con una malinconica speranza di cambiare le situazioni in cui si trovano coinvolti.
La colonna sonora accompagna lo spettatore in un viaggio tra gli esponenti della musica tedesca di metà anni ’80, alcuni di questi sono conosciuti bene anche in Italia, come Falco. Curioso il riferimento al nostro Nino D’Angelo.
Baran bo Odar e Jantje Friese si sono ispirati ad opere precedenti, come da loro stessa ammissione, fra le quali Twin Peaks, ma non per questo Dark è un sottoprodotto od un surrogato di qualcos’altro, anzi, grazie agli spunti presi Dark traccia una sua direzione e si candida ad essere una delle serie televisive che hanno lasciato il segno e, molto probabilmente, un segno indelebile e duraturo.
Fra le varie citazioni, mi piace ricordare l’impermeabile giallo indossato da Jonas, presente sul poster promozionale e che si ispira a quello di IT (del 1990). Impermeabile giallo che troviamo nel remake dello stesso IT, in Stranger Things e nell’appena uscito Jumanji.
Come ultima annotazione, lancio un appello affinché progetti simili possano nascere anche in Italia, dove siamo bravi a produrre serie poliziesche – Suburra, Romanzo Criminale, ecc. – ma dove non si rischia in ambientazioni Fantasy o Sci-Fi.
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