La recensione della terza stagione di Designated Survivor, la serie su Netflix
Cancellata dalla ABC, salvata da Netflix, la serie fantapolitica Designated Survivor è stata da poco distribuita sulla famosa piattaforma di streaming. Questa la nostra recensione.
Dopo aver combattuto non poco per affermarsi come legittimo Presidente degli Stati Uniti d’America, il sopravvissuto designato Tom Kirkman (Kiefer Sutherland) si troverà ad affrontare una nuova sfida, la ricandidatura al ruolo di comando più potente del pianeta.
Kirkman potrà contare, in questa nuova avventura elettorale, su vecchi collaboratori di fiducia quali Aaron Shore (Adan Canto), Emily Rhodes (Italia Ricci) e Seth Wright (Kal Penn) e su nuovi personaggi fra cui Mars Harper (Anthony Edwards noto al pubblico per ER) e la direttrice della campagna elettorale Lorraine Zimmer (Julie White) esperta e ambigua figura della politica statunitense.
A complicare ancora di più la corsa alla Casa Bianca arriverà in aiuto dell’attuale Presidente, la sorella transgender della defunta moglie, Sasha Booker interpretata da Jamie Clayton, nota al pubblico per il ruolo di Nomi Marks in Sense8.
Il Commento
Sin dai primi fotogrammi ci rendiamo conto che l’orma di ABC sulla serie è sparita nel momento stesso in cui hanno deciso la sua cancellazione. Oggi Designated Survivor è in tutto e per tutto un prodotto Netflix a 360°. Riferimenti sessuali espliciti, ed un linguaggio molto più crudo e sopra le righe, balzano infatti subito agli occhi degli appassionati della serie.
Il cambio di passo è innegabile e la trama ritrova, a differenza di quanto accaduto per buona parte della seconda stagione, un filo conduttore specifico: l’elezione alla presidenza degli USA. La trama, per quanto ben congegnata, si muove un po’ troppo a favore di Kirkman e del suo staff, ma per il resto scorre via bene senza forzature evidenti.
Altre due storie sono parallele al filone principale, ed è su esso convergono in modo incisivo e decisivo in concomitanza degli episodi conclusivi. Una delle due sotto narrazioni è legata al nuovo Capo di Gabinetto Mars Harper e alle vicende che lo legano alla moglie Lynn (la Lauren Holly di NCIS), l’altra coinvolge Hannah Wells (Maggie Q), sempre più braccio armato delle agenzie segrete nella lotta contro il terrorismo. A supportare Hannah farà il suo ingresso nella serie il Dottor Eli Mays (Chukwudi Iwuji).
La serie si erge a prodotto di denuncia di un America diversa da quella rose e fiori a cui siamo abituati dalla fotografia fatta dagli Studios. Ciononostante Designated Survivor riesce solo in parte a raggiungere questo obiettivo, forzando in alcuni casi un po’ troppo la mano su alcuni aspetti.
Pregevole l’utilizzo di filmati di interviste originali per dare uno spaccato della vita statunitense reale e veritiera. Alla fine di ogni episodio in cui questo od altri escamotage di real interview viene utilizzato c’è una citazione specifica.
Come sempre Sutherland è perfetto nel ruolo di protagonista della serie. Si muove a suo agio nelle trame politiche e nelle scelte morali in cui si imbatte. Bene anche gli altri attori, sia i vecchi, sia i nuovi. Fra quest’ultimi vanno menzionati Elena Tovar nel ruolo di Isabel Pardo e Ben Watson in quello di Dontae Evans.
Chris Grismer, Peter Leto, Timothy Busfield e Sudz Sutherland si alternano alla regia dei 10 episodi che compongono la stagione. Gli episodi diretti da Leto sono quelli con ritmo ed idee migliori.
In definitiva la Season 3 fa da spartiacque tra il filtrato mondo della politica raccontato da ABC e la visione più dark offerta da Netflix, fornendo lo spunto per una nuova chiave di lettura con molti più toni grigi di quanto mostrato finora, e che Netflix si prepara a mettere in campo per metà del 2020 con la quarta stagione.
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