Recensione dell’episodio 14 di Star Trek: Discovery
Eccoci all’episodio 14 di Star Trek: Discovery, intitolato per l’occasione La Guerra Fuori, la Guerra Dentro, diretto da David Solomon e sceneggiato da Lisa Randolph.
Trattasi del penultimo capitolo di una serie dal fascino oscuro e dalle atmosfere molto più cupe ed adrenaliniche, ma non per questo meno affascinante delle produzioni che l’hanno preceduta.
L’episodio, a differenza del precedente, è molto più riflessivo ed intimo, in cui i dialoghi ne formano parte integrante e sostanziale, una pausa dovuta dopo che l’avventura nel mirror universe ha rivoluzionato per forza delle cose l’equipaggio come lo conoscevamo, un’apparente quiete che ci prepara ad un finale dalla connotazione molto probabilmente tragica. In Discovery non bisogna essere per forza un kelpien per poter percepire “l’arrivo della morte”. Chi sarà il prossimo ad essere sacrificato? Purtroppo non ci sono più le “tutine rosse” che potevano suggerirci i predestinati.
In La Guerra Fuori, la guerra dentro molte scelte potranno non sembrare a noi logiche, come del resto per noi non è logico che Burnham abbia voluto assolutamente portare con se l’Imperatrice/Capitano Georgiou. Rimorso per la morte della sua Philippa o necessità tattiche? In quest’ultimo caso Michael come poteva immaginare un ritorno in una realtà devastata e devastante? E’ forse dotata di poteri extrasensoriali o altro? Domande a cui potremo avere presto delle risposte, ma anche no!
Forse la chiave di lettura la possiamo trovare nell’episodio della serie classica intitolato Il Duplicato, nel quale, a causa di un guasto del teletrasporto, Kirk viene scisso in due esseri opposti, uno buono ed insicuro e l’altro malvagio e determinato. Una situazione che porta il logico Sig. Spock a riflettere su cosa possa rendere un uomo un leader eccezionale. E’ forse il suo lato malvagio, se adeguatamente controllato e disciplinato, a renderlo forte e reattivo? Ricordiamo infatti che alla fine il Kirk buono ha dovuto necessariamente ricongiungersi con la sua entità malvagia.
Insomma, per vincere la guerra è necessario trovare un’alternativa a Gabriel Lorca che, purtroppo o per fortuna, ci ha lasciato nella sua forma speculare, unica forma di lui che abbiamo avuto modo di conoscere e che, in un certo senso, molti di noi hanno apprezzato. Probabilmente questa è la giusta chiave di lettura di tutta una stagione pervasa da sentimenti dannatamente contrastanti.
Bene, detto questo, non ci resta che aspettare l’ultimo episodio che chiuderà questa stagione e che probabilmente lascerà tante porte aperte e diverse domande senza risposta, al fine di aumentare la nostra sete di Star Trek e la nostra attesa per una seconda stagione che, a detta della produzione, dovrebbe essere più indirizzata “alla ricerca di nuove forme di vita e di civiltà, fino ad arrivare là dove nessuno è mai giunto prima”.
Appuntamento quindi a Lunedì 12 febbraio con Will You Take My Hand?
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