Il 18 gennaio è stato rilasciato sulla piattaforma Netflix il post-apocalittico IO, del regista Jonathan Helpert. Questa la nostra recensione.
Pianeta Terra, un continuo e inesorabile avvelenamento delle sue risorse naturali da parte degli esseri umani ha portato al collasso dell’intero ecosistema. Sam Walden (Margaret Qualley), non vuole abbandonare quella che è stata per millenni la nostra casa e, studiando le api, cerca di capire se ci sia una possibilità di riportare la vita in un atmosfera ormai inquinata e priva di ossigeno. Io, satellite naturale di Giove è la base di transito su cui il genere umano si è spostato per poter cercare di colonizzare nuovi pianeti ed evitare così l’estinzione.
Recensione
Film piatto e completamente privo di ritmo, IO non riesce mai, in nessun modo, a catturare l’interesse dello spettatore, scorrendo lento e noioso per tutta la sua durata. Pochi e deboli i colpi di scena, che in un certo qual modo vengono anticipati dalla narrazione stessa.
Indubbiamente bella la fotografia e le inquadrature in campo largo, probabilmente unico pregio della pellicola che, contando su temi ecologici di sicuro appeal, poteva essere un valido film del filone catastrofico che in questo periodo sono ben accolti dal pubblico. La colonna sonora appena accennata, ed i dialoghi ridotti al minimo, non riescono a scuotere dal torpore generato.
Durante la narrazione non vengono approfonditi molti aspetti. Ad esempio non si ha una visione delle cause che hanno portato all’irreversibile situazione a cui stiamo assistendo. Non c’è assolutamente tensione narrativa, e le giornate che vedono protagonista Sam (Margaret Qualley, figlia di Andie MacDowell) scorrono via silenziose in buchi narrativi spaventosi. L’arrivo di un altro superstite Micah (Anthony Mackie noto per il ruolo di Falcon in Avengers) poteva dare una scossa alla storia, ma anche in questo caso non si è fatto nulla per rendere più interessanti le vicende. Discreta comunque la prova recitativa dei due interpreti, con Mackie decisamente “stretto” nel ruolo.
Lentamente ci si avvicina al finale che, volutamente aperto, può essere l’unico elemento di attenzione dell’intera opera. Helpert ha sicuramente cercato ispirazione nella fantascienza della seconda metà del 20° secolo, ma non è riuscito a reggere il confronto con i grandi del passato.
Una Terra deserta, con un unico abitante a verificarne la possibilità di ripresa della natura mentre l’intera razza umana vive in colonie spaziali in attesa di poter fare ritorno, si decisamente Wall-E partendo dalla stessa situazione narrativa è stato un film nettamente migliore.
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