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La recensione in anteprima di Embers, il film diretto da Steven Renso

Embers è un film diretto da Steven Renso, interpretato da Raja Sethi, Claudio Santoriello, Francesco Corcioni, Laura Locatelli, Anthony Raymond Javier, Jhon Pardo, Robert Matei, Simone Fama, Davide Gambarini e Luca Gatta. Il film, che si inserisce nel filone del cinema indipendente italiano, è stato girato nella provincia di Verona.

La trama

Marcello, poliziotto corrotto, decide di rubare parte di un carico di droga che spettava a una delle più potenti organizzazioni criminali della città. Swamy e Roshan, killers fuori dal comune, vengono allora incaricati di ritrovarlo insieme al carico. Allo stesso tempo Domingo, capo di un’organizzazione criminale minore, vede nella cosa un modo per colpire il nemico; assolda anche lui un killer professionista, Juan, incaricato di recuperare il carico e uccidere chiunque cerchi di fermarlo.

Il film

Realizzato praticamente a zero budget, ma con molte idee chiare e precise, Embers affronta tematiche tipiche del cinema di genere americano con vari echi (e citazioni) del cinema di Quentin Tarantino e di Sergio Leone, a cominciare dalle interpretazioni caricate e dai dialoghi spesso paradossali e ironici.

Il cinema di Tarantino e Leone, però, viene filtrato attraverso uno sguardo sul mondo e sulle cose per nulla banale, con citazioni mai fine a se stesse che riescono a infondere una traccia tragicomica che rende la storia e il film diverso dal consueto genere gangster movie. I personaggi del film non sono altro che figure che si aggirano in un mondo e in una realtà che ormai ha perso ogni riferimento geografico e storico; la città di Verona (irriconoscibile), mediante anche un montaggio frammentario, viene resa in tutto il suo degrado che la circonda, e infatti diverse scene sono girate in edifici abbandonati. Degrado che la macchina da presa a mano (manovrata dallo stesso regista) e la fotografia di Andrea Baglio non fanno altro che accentuare.

Così come marginale è l’ambiente in cui si muovono i personaggi, anche i personaggi stessi vivono ai margini della società e ai margini del loro essere, chiusi nel loro “lavoro” che considerano come un gioco, come dimostra la scena nella pizzeria. La marginalità viene resa anche stilisticamente con i personaggi ripresi quasi sempre ai margini dell’inquadratura: la marginalità del crimine nella marginalità dello stato d’animo.

Così, anche il genere gangster movie si eleva dalle basi consolidate per arrivare a parlare di qualcosa che è altro, come altro è ciò a cui il protagonista Swamy aspira: come lui, anche il personaggio di Roshan (interpretato da un fantastico Santoriello, che purtroppo non ha potuto vedere il film finito ma che si riserva alcuni monologhi illuminanti) vive in una condizione al limite, consapevole che ciò che sta facendo è sbagliato, ma è anche troppo legato a Swamy per abbandonare tutto e tutti. Il messaggio finale sulla fratellanza, altrove banale e retorico, qui trova la sua espressione più felice e per nulla accomodante.

Embers è la dimostrazione di come il cinema indipendente italiano abbia la capacità di prendere il cinema di genere, assimilarlo e trasformarlo con uno stile secco e preciso, forse non nuovo, ma comunque pienamente riuscito.

Di seguito, il trailer del film.

https://youtu.be/e46168tOaM0


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