Omaggio ad Agnès Varda, regina della Nouvelle Vague

Se n’è andata ieri a 90 anni Agnès Varda, e se n’è andata silenziosamente col tono dimesso com’era lei stessa e come era (è) il suo cinema.

Nata in Belgio nel 1928, Agnès Varda (all’anagrafe Arlette Varda) si avvicina al cinema nei primi anni ’50 dopo aver lavorato come fotografa al Théâtre national populaire.

Esordisce, dunque, come regista nel 1954 quando dirige La pointe courte. con protagonista Philippe Noiret.

Il film che però le fa ottenere fama internazionale, girato quasi completamente in esterni, è Cleo dalle 5 alle 7 (1962), storia di una donna che si aggira per Parigi in attesa dei risultati di un esame medico che potrebbero rivelare la presenza di un cancro.

Con questo film, Varda abbraccia in toto lo stile e la poetica della Nouvelle Vague allora agli albori: presa diretta, elementi narrativi ridotti all’essenziale, sguardo reale sul reale. A tutto ciò, la regista getta la propria visione femminile che la contraddistinguerà dagli altri autori.

Con Il verde prato dell’amore (1965), la regista ottiene l’Orso d’argento, gran premio della giuria, grazie al quale comincia a farsi conoscere anche oltreoceano.

I successivi film di finzione della regista, tra cui Les créatures (1966), L’une chante, l’autre pas (1977), passando per Jane B. par Agnès V. (1988) fino all’ultimo Cento e una notte (1995) confermano, ancora una volta, lo stile personalissimo della Varda, che parte dalla Nouvelle Vague per aprirsi a note metafisiche e malinconiche, con un esistenzialismo che appare tuttora unico e inimitabile in osmosi perfetta col documentarismo.

Considerevoli sono anche i documentari girati dalla Varda durante tutta la sua carriera come il collettivo Lontano dal Vietnam (1967) e l’ultimo, meraviglioso Visages Villages, realizzato insieme all’artista francese JR e candidato all’Oscar nel 2018. Con questa nomination, la regista è tuttora la persona più anziana a essere candidata a un Oscar competitivo.

A ben vedere, per Agnès Varda non c’è alcuna differenza tra finzione e documentario: il suo cinema è un perfetto connubio tra queste due maniere di intendere la Settima Arte, dove l’elemento cardine – come si può vedere perfettamente in Visages Villages, a partire dal titolo – è lo sguardo sul mondo, sulle persone e su altri sguardi, in un vertiginoso scambio di relazioni tra autore ed elemento rappresentato.

Agnès Varda, così come il suo cinema, mancheranno a molti.



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