Rapito di Marco Bellocchio, la recensione

Rapito di Marco Bellocchio: la nostra recensione

Dopo esser stato presentato al Festival di Cannes, esce oggi nelle sale italiane Rapito, il nuovo film di Marco Bellocchio.

Dopo Esterno notte, il regista di Bobbio torna al Festival di Cannes con Rapito, una storia tragica e vera avvenuta negli anni del Risorgimento italiano, un rapimento messo in atto dallo Stato pontificio. Vi presentiamo il nostro commento al film.

Rapito: trama

Nel 1858, nel quartiere ebraico di Bologna, i soldati del Papa irrompono nella casa della famiglia Mortara. Per ordine del cardinale (Fabrizio Gifuni), sono andati a prendere Edgardo (Enea Sala), il loro figlio di sette anni.

Secondo le dichiarazioni di una domestica, ritenuto in punto di morte, a sei mesi, il bambino era stato segretamente battezzato. La legge papale è inappellabile: deve ricevere un’educazione cattolica.

I genitori di Edgardo (Fausto Russo Alesi e Barbara Ronchi), sconvolti, faranno di tutto per riavere il figlio. Sostenuta dall’opinione pubblica e dalla comunità internazionale ebraica, la battaglia dei Mortara assume presto una dimensione politica. Ma il Papa non accetta di restituire il bambino. Mentre Edgardo (Leonardo Malterse) cresce nella fede cattolica, il potere temporale della Chiesa volge al tramonto e le truppe sabaude conquistano Roma.

rapito marco bellochio
Rapito (scena dal film)

Il caso Mortara é diventato famoso in tutto il mondo grazie alle comunicazioni tra le comunità ebraiche, tanto da incuriosire anche Steven Spielberg che, aveva inizialmente pensato di realizzarne un film ma, probabilmente resosi conto che questa non è unicamente la storia di un rapimento ma c’è di più, c’è il cambiamento di un Paese.

Marco Bellocchio, come il collega statunitense, é rimasto affascinato da questa storia del rapimento del piccolo ebreo ma quello che più l’ha interessato, è stato principalmente rappresentare quel delitto compiuto in nome di un principio assoluto (il Non Possumus di Pio IX).

Il cinema di Bellocchio ci ha abituato a come il tradimento sia il focus che muove l’arco narrativo della storia, e anche in Rapito è il tradimento di una serva a innescare l’infausta vicenda. Increduli, sconvolti da questa rivelazione, i coniugi Mortara non possono che accettare questa decisione anche se proveranno con i loro mezzi a riavere in famiglia il proprio figlio inconsapevolmente battezzato.

Se Salomon Mortara, conscio delle leggi dello Stato in cui vivono, sembra in apparenza accettare la decisione, opposta è la reazione di Marianna Mortara, disperata e colma di rabbia, una madre a cui è stato strappato il figlio e che, rispetto al coniuge, non si mostrerà mai ottimista nel corso degli anni conscia di non aver lo stesso potere di quel Papa Re che vede crescere il suo bambino.

La freddezza e la fermezza delle leggi del Stato pontificio sono ben ramificate nei suoi soldati in terra, fedeli alla parola del Papa Re, e neanche un processo a suo carico con la contemporanea caduta del potere papale nelle province emiliano riescono a far crollare la propria fedeltà a Padre Pier Gaetano Feletti, un Fabrizio Gifuni glaciale nelle vesti ecclesiastiche.

La forza di Rapito è il mistero su questo criminale che aleggia per tutta la prima parte del film, la scoperta di questo atto nascosto alla famiglia Mortara e la ricerca della verità, con la speranza che tale verità possa essere un’arma inattaccabile anche di fronte al potere del Papa. Ma, la violenza di un gesto nascosto e la sottrazione del proprio figlio, sconvolgerà la rettitudine di una famiglia che ha sempre portato rispetto nei confronti dell’autorità e inizia a insorgere con al fianco la sua comunità.

rapito marco bellochio
Rapito (scena dal film)

Se l’Edgardo bambino ha alcuni cedimenti di fede alla vista della sua mamma, inizia a ripudiare la sua famiglia e l’Edgardo adolescente, cresciuto nell’educazione cristiano cattolica, pur avendo la possibilità di svincolarsi dopo la liberazione di Roma, rimane fedele al Papa. Difende la sua salma, dopo la sua morte, e tenta di convertire sua madre su letto di morte, ottenendo il rifiuto della sua famiglia fedele alla propria religione ebraica.

Toccante ed emotiva è l’interpretazione del piccolo Enea Sala nei panni di Edgardo da bambino, il suo smarrimento e la sua sofferenza soffocata per sopravvivere al nuovo ambiente e l’abbandono alla devozione nei confronti della figura papale e della chiesa, magistrale è la scena in cui toglie i chiodi dalla statua del Cristo crocifisso e questa prende vita ricordando emotivamente Pablito Calvo (in Marcellino Pane e Vino).

Quello che affascina di Rapito è come questa storia ben lontana dalla quotidianità e dallo svago dell’intrattenimento del cinema riescano a catturare l’attenzione dello spettatore. Uno spettatore che sin da subito empatizza con dei genitori sconvolti e inermi, ma allo stesso tempo non può che constatare che si stanno mettendo in atto delle leggi vigenti in quegli anni e che tutt’oggi considereremmo inammissibili.

Una fotografia di Francesco Di Giacomo ben condensata e ponderata che, in alcune scene inquadra la messa in scena come un quadro caravaggesco e il montaggio di Francesca Calvelli e Stefano Mariotti portata alla sottrazione regalano al film maggior emotività nelle scene, puntando molto sugli sguardi infuocati di una madre ed enigmatici di un adolescente che accetta la sua condizione.


La grande maestria narrativa di Marco Bellocchio (qui coadiuvato da Susanna Nicchiarelli, co-autrice della sceneggiatura) è che riesce a non riempire la narrazione di pregiudizi, riuscendo a mostrare con razionalità sfumature e contraddizioni di una vicenda che ha scosso un’intera comunità.

Rapito, regia di Marco Bellocchio con Enea Sala, Leonardo Malterse, Fausto Russo Alesi, Barbara Ronchi, Paolo Pierobon, Fabrizio Gifuni e Filippo Timi esce nelle sale cinematografiche a partire dal 25 maggio, distribuito da 01 Distribution.

Rapito
rapito bellocchio scaled

Regista: Marco Bellocchio

Data di creazione: 2023-05-25 10:25

Valutazione dell'editor
4

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