Recensione Atlantique, il film diretto da Mati Diop
Abbiamo visto Atlantique, il film diretto da Mati Diop, proposto in questi giorni sul catalogo Netflix. Questa la recensione.
Vincitore del Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes 2009, Atlantique è un film fortemente politico e di grande importanza nel contesto odierno. Non solo perché a dirigerlo è Mati Diop, prima regista di colore ad entrare nella Sezione Ufficiale, ma anche per i temi e il modo con cui si è deciso di affrontarli.
La scelta è di raccontare il Senegal nella sua anima piu’ autentica. Questa comprende sicuramente un lato folkloristico, il cui risvolto è però un sistema devastato da problemi sociali, in primis a livello lavorativo e salariale. Non manca comunque la denuncia aperta ad una società patriarcale e maschilista, cui le figure femminili sono quasi totalmente assoggettate.
Ai temi sociali ben presto si lega l’elemento soprannaturale. Questo non determina una caduta di tono del racconto, ma al contrario quasi lo eleva, contribuendo alla denuncia aperta di alcune situazioni.
Non mancano i colpi di scena, mai scontati e sempre pronti a tenere alta l’attenzione del pubblico. Questi diventano parte integrante di un’atmosfera carica di interrogativi, spesso non risolti, che lo spettatore si trova ad affrontare e che continuano a rimbombare nella sua testa anche dopo il finale. E’ proprio quest’ultimo, in realtà, ad essere particolarmente enigmatico o, forse, non troppo chiaro.
In conclusione, al di là del gusto personale, Atlantique è un film che deve essere visto soprattutto per il suo valore rivoluzionario: raccontare un’Africa cruda e autentica. E legare questo racconto ai rapporti con l’Europa, al sogno di una vita migliore. Tutti temi assolutamente contemporanei, narrati e amalgamati tra loro da una donna: un valore aggiunto, che non si può evitare di notare e apprezzare.
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