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[Recensione] Baby Driver – Il Genio della Fuga, il film di Edgar Wright

Abbiamo visto Baby Driver – Il Genio della Fuga, il nuovo action movie diretto da Edgar Wright ed interpretato da un cast da urlo guidato da Kevin Spacey e Ansel Elgort. Questa è la nostra recensione.

Wright trasforma un concetto pulp in un brillante esercizio di alto stile come pochi altri registi al giorno d’oggi sanno ancora fare. Ansel Elgort, interpreta Baby, un adolescente di poche parole disturbato da tinnito, a causa di un incidente subìto durante l’infanzia che ha lasciato un suono permanente nelle sue orecchie. Le straordinarie abilità dimostrate dal giovane protagonista a bordo delle automobili che guida, lo hanno fatto diventare il pilota di fuga al servizio del boss criminale Doc (Kevin Spacey).

Baby può guidare in maniera straordinaria, solo se accompagnato da uno dei tanti brani del proprio repertorio suonato da uno dei molti iPod che possiede, con pezzi che vanno da The Jon Spencer Blues Explosion ai The Damned, sino a Barry White, pertanto quando non ascolta il blues frizzante di “Bellbottoms” o le emozioni rollercoaster di “Neat Neat Neat“, un suono costante nell’orecchio lo disturba.

Baby ha bisogno delle sue melodie, per ragioni pratiche, ma anche perché sono la chiave della sua identità che è un miscuglio di archetipi classici maschili. Egli deve inoltre saldare un vecchio debito che ha con Doc anche se vuole lasciarsi alle spalle la vita del crimine, esortato anche dal padre adottivo sordo (CJ Jones) con il quale comunica attraverso il linguaggio dei segni.

Il film si svolge all’interno dei confini della playlist onnipresente di Baby che include artisti quali Lionel Ritchie, Isaac Hayes e i Queen e genera suspense immediata ogni volta che ce se ne allontana. Elgort ha la ferocia mutata di un futuro James Dean, ma scivola lungo il marciapiede come un fuorilegge Fred Astaire e registra segretamente la sconfitta dei suoi compagni criminali per creare ogni volta giunto a casa da una rapina un audio remix funky.

Bats killer pazzo (Jamie Foxx), Buddy (Jon Hamm) e la ragazza fedele di Buddy, Darling (Eiza Gonzalez) sono antagonisti esagerati con sembianze da cartoons che si combinano perfettamente fra loro. Baby sa trovare una tregua romantica con una bella cameriera di nome Deborah (Lily James), un personaggio poco sviluppato, ma bene abbinato con il protagonista di questo film e in sintonia con il desiderio crescente del protagonista di trovare uno scopo che vada oltre la professione rischiosa scelta.

Prima della sua prima mondiale al 2017 South by Southwest Film Festival, Wright ha parlato di Baby Driver come “un film automobilistico guidato dalla musica“, il che non potrebbe essere più adatto a descriverlo. Si tratta un La La Land dei film di macchine da corsa, uno spettacolo di vista e suono.

Naturalmente, questo è un territorio appena alieno a Wright e infatti, è il suo video musicale del 2003 “Blue Song” di Mint Royale che più o meno serve come banco di prova per Wright e che gli permette di usare la musica come un perfetto dispositivo narrativo. Lo script è stato nella testa del regista per oltre due decenni, e sono state la dedizione indiscussa, la fiducia e la passione che hanno alimentato ogni scena di questo straordinario film. È facile capire perché questo progetto su larga scala abbia impiegato Wright così tanto tempo per la realizzazione – con cadenze difficili da immaginare sulla pagina scritta. Baby Driver trova la sua forma nell’elegante e rapida sintesi del movimento e del suono.

Il film non è semplice esibizionismo feticistico di auto lucide: per questo è già stato scritto “Drive“, invece Elgort è un leader silenzioso che sa animare Baby con una serie di pose che mascherano le insicurezze del proprio personaggio e il passato traumatico che lo caratterizzano.

L’ultima mezz’ora, una serie estesa di showdown che coinvolge molti veicoli e proiettili in sospeso, si classifica come una delle migliori produzioni cinematografiche nella carriera di Wright, e questo la dice lunga per uno dei maggiori showmen d’azione che lavorano oggi. Cinque film nella sua carriera, continua ad offrire un tipo di intrattenimento ispirato che segue le proprie regole, ma mai troppo lontano da un controllo della realtà sopratutto quando i suoi personaggi devono affrontare i pericoli che li circondano.

Quando Baby deve affrontare la musica, lo fa in conformità con il proprio libro di regole. Wright lascia che Baby sfugga alle restrizioni delle sue sfortunate condizioni, ma ci ricorda la fuga ha i suoi limiti, anche se ciò non significa che non si debba provare a godere la corsa fino in fondo.

Edgar Wright non ha bisogno di dimostrare nulla a nessuno. Spaced rimane un classico di culto, lo stesso vale per Scott Pilgrim vs the World e la sua Cornetto Trilogy composta da L’Alba dei morti dementi del 2004, Hot Fuzz del 2007 e The World’s End del 2013 – è più che sufficiente a giustificare la sua inclusione nella lista dei filmmakers must-watch per i prossimi 20 anni. La sua capacità di sovvertire qualsiasi genere, sia che si tratti di orrore, di azione o di sci-fi, gli ha permesso di acquisire uno stile proprio che lo ha reso uno dei filmmaker più vitali di questo periodo e la buona notizia è che sta migliorando: ciò gli permetterà di sedere comodamente accanto a Carpenter, James Cameron e Tarantino.

Il Driver di Walter Hill dell’1978 è una grande influenza e il leggendario regista fa un cammeo vocale alla fine come un traduttore di tribunale. Wright cita esplicitamente con questo film quella che definisce La Santissima Trinità degli anni Novanta thriller di action crimes ambientati a Los Angeles: ovvero Point Break, Le Iene e La Sfida.

Il coreografo e designer Ryan Heffington sa dirigere Elgort alla perfezione dall’inizio alla fine regalandoci emozioni continue mentre Wright mastica decine di canzoni, facendo sembrare il film un lungo e epico video musicale senza mai lasciare l’azione al secondo posto. Elgort sale al di sopra di ogni sfida, sia che si tratti di balli interpretativi nelle strade della città di Atlanta o saltando nei grandi magazzini ricordandoci il grande Peter Parker. Anche la sua chimica con Lily James è intensamente palpabile, e dovrebbe garantire un certo numero di GIFs per il San Valentino del 2018. Nel frattempo i veterani come Spacey, Hamm e Foxx danno un’occhiata ai loro trofei lucidi e si divertono ad interpretare gli archetipi bizzarri che gli sono stati assegnati.


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