Recensione Contromano, il nuovo film di Antonio Albanese
Antonio Albanese dopo 16 anni ritorna dietro la macchina da presa con Contromano, una commedia divertente e allo stesso tempo cinica che racconta la realtà del nostro presente. Questa è la nostra recensione.
Mario Cavallaro (Antonio Albanese) é sempre stato un uomo abitudinario, le sue giornate sono scandite dal caffè dal bar di fiducia, il lavoro nel negozio di calze che ha ereditato, e la cura (certosina) del suo orto, ma questa sua ordinarietà viene ben presto sconvolta da un’inaspettata notizia. La sua non é una diffidenza comune nei confronti dell’ignoto, Mario non riesce proprio ad accettare i cambiamenti, e quando il suo storico barista vende all’egiziano si sente travolto da un vortice incontrollato e a peggiorare il tutto c’è Oba (Alex Fondja), un venditore ambulante di calzini che si apposta nei pressi del suo negozio rubandogli i clienti.
Esasperato, decide di eliminare la concorrenza, convinto che la soluzione sia riportare Oba nella sua Terra, il Senegal. Un incidente nel corso del viaggio, conduce Mario e Oba da Dalida (Aude Legastelois), che desidera anch’ella esser condotta a casa sua. Inizia così un viaggio in cui lo scudo imposto da Mario nei confronti dei due ragazzi di origini africani viene man mano abbassato dal garbo con cui lo tratta Dalida. L’obiettivo iniziale di liberarsene illudendosi che così avrebbe risolto i suoi problemi e che tutto sarebbe tornato al proprio posto, assume un’ottica diversa.
Contromano é figlio di un’acuta osservazione da parte degli sceneggiatori (Antonio Albanese, Stefano Bises e Andrea Salerno) che riportano situazioni reali portandole all’eccesso, anche per non appesantire la tematica trattata. Si ride nel corso del film, ma allo stesso tempo Antonio Albanese attraverso il suo personaggio ci mostra la chiave di lettura giusta per affrontare al meglio il cambiamento sociale che viviamo. Siamo difronte ad una commedia dai toni moderati, che cerca di trattare un tema importante (e attuale) con sensibilità e attraverso una chiave ironica che non eccede mai banalizzando la narrazione.
Anche le musiche, affidate a Pasquale Catalano, non creano un effetto parodistico della storia, anzi riescono a regalare maggior ritmo diventando un ulteriore personaggio che li accompagna nel corso del viaggio.
Se nascondiamo il nome della regia, potremmo credere di assistere ad una narrazione di firma francese, proprio per il garbo e la cura sia narrativa che registica.
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