Il 25 agosto l’immenso catalogo Netflix ha finalmente fluito del rilascio di Death Note, l’atteso adattamento live action del noto manga firmato da Tsugumi Ōba e disegnato da Takeshi Obata. Quella che segue è pertanto la nostra recensione.
Death Note è diretto da Adam Wingard, giovane regista noto grazie all’horror ben fatto You’re Next. Il cast conta i nomi di Nat Wolff, Margaret Qualley, Lakeith Stanfield, Shea Whingham, nonchè la voce di Willem Dafoe. La trama si divide tra fantastico e horror. Protagonista del film un ragazzo che trova un diario con un potere immenso: le persone i cui nomi vengono scritti sulle proprie pagine muoiono. Ma con le responsabilità, i poteri immensi a volte possono portare anche catastrofiche conseguenze.
Death Note è di certo un film tratto da materiale già noto, ma non possiamo nasconderci dietro questa semplice annotazione, esso, difatti, abbraccia alla perfezione lo stato attuale della nostra società, oramai terrorizzata del potere affidato nelle mani di pochi, che questi siano politici o ben altro. Questo, purtroppo, è il fattore che preoccupa maggiormente al di là della semplice considerazione sul lavoro svolto dal regista.
Ma limitiamoci a parlare del film!
Come si fa a tracciare una linea di confine tra chi vuole fare del bene, avendone il potere, e chi invece viene letteralmente dilaniato da quello stesso potere, tanto da diventarne schiavo? A mente lucida, sembra in effetti questa la domanda a cui il regista Adam Wingard mira per raccontare la sua storia, ovviamente nel farlo cerca di trasformare il suo film in un un qualcosa di estremamente commerciale, in grado di abbracciare il più vasto pubblico. Possiamo mai condannarlo per questo?
Death Note intrattiene, diverte e “fa pensare”, e questo è un buon primo passo, ma per asserire che si tratta di un adattamento ben fatto, ce ne vuole. Diamo credito a Wingard e Netflix, magari siamo di fronte ad un franchise con del potenziale ancora inespresso, potenziale che potrebbe esplodere prossimamente, magari già nel suo secondo capitolo, al momento solo vociferato. Se nella prima parte assistiamo ad un film in cui viene descritto lo stupore, talvolta divertente, di due ragazzi con un potere immenso tra le mani, nella seconda siamo costretti a fare i conti con i limiti narrativi di un film nato per essere destinato ad un pubblico giovanissimo, ma che in fin dei conti vuole raccontare temi molto più che adulti, senza però mai esserne realmente capace.
Il cast che accompagna il lavoro di Wingard non convince del tutto. Il protagonista è interpretato da Nat Wolff (Light), per molti uno uno dei volti nuovi più interessanti del panorama hollywoodiano, ma qui si dimostra un attore con delle buone qualità, e pertanto sopravvalutato. Se parliamo di potenziale “stavolta espresso” allora dobbiamo citare Margaret Qualley (Mia), la cui bellezza e bravura bucano lo schermo. Discreto l’apporto emotivo di Lakeith Stanfield (L), mentre importante le presenze di attori di carisma come Shea Whingham (il padre di Light) e Willem Dafoe (la voce di Ryuk), che con la sua mimica facciale ed il suo tono vocale beffardo regala al temibile Ryuk un’immagine spaventosamente interessante.
Volendo tirare le somme….
Death Note è un film discreto che ha la fortuna di partire da un materiale di origine estremamente interessante. Il lavoro di Wingard è lodevole almeno fino a quando non si parla di temi difficili come il male che può provenire da chi è certo di essere dalla parte del bene. Il cast è interessante, ma forse delude la scelta fatta per quanto riguarda il protagonista. Aspettiamo con ansia il sequel, magari per parlare di un risultato migliore.
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