[Recensione] Designated Survivor, la seconda parte della prima stagione
Si è appena conclusa la seconda parte della prima stagione di Designated Survivor, serie political drama prodotta da ABC, ma distribuita in Italia da Netflix, con protagonista il popolare Kiefer Sutherland nei panni di un improvvisato presidente degli Stati Uniti.
Dopo aver recensito, un paio di mesi fa i primi, convincenti dieci episodi (cliccate qui), quest’oggi siamo lieti di potervi raccontare le nostre considerazioni, non proprio positive, sulla seconda parte della prima stagione.
Ciò che ci aveva colpito positivamente dei primi episodi era stata la novità, la freschezza dell’idea, dell’espediente narrativo, che andava a posizionare sulla scrivania più importante del mondo un uomo mediocre, senza grandi ambizioni, nella cui carriera non era mai stata ricoperta nessuna carica elettiva e che, improvvisamente, si trovava a guidare la più importante Nazione del mondo senza averne le capacità.
Questa grande idea ci aveva fatto soprassedere anche sui lati meno brillanti di una produzione che, sostanzialmente, andava ad attingere senza vergogna in tutti i recenti successi political drama degli ultimi anni come Scandal, House of Cards o The Last Ship. Finchè Designated Survivor è riuscito a tenere il focus sulle vicende di un uomo arrivato al potere senza avere le capacità di gestirlo, sul gioco spietato della politica che sbrana i più deboli, è stata una Serie TV più che dignitosa.
Purtroppo con i nuovi episodi di marzo la decisa svolta narrativa in senso in senso action e complottistico ha privato Designated Survivor della sua anima originale, rendendolo sostanzialmente una brutta copia di Homeland o The Black List. L’approfondimento psicologico del personaggio del presidente Kirkman, interpretato da un Kiefer Sutherland mai completamente convincente, è stato quasi del tutto interrotto a favore di una maggiore attenzione nei confronti dell’ennesimo complotto, visto e rivisto centinaia di volte, contro la sicurezza nazionale.
Improvvisamente e senza particolari spiegazioni narrative a riguardo il presidente si è trasformato da timoroso burocrate nelle mani di perfidi squali della politica a esperto statista feroce e determinato nello sgominare questa famigerata organizzazione terroristica che vuole rovesciare il governo statunitense e ristabilire un nuovo ordine in America. La vera protagonista della serie è infatti diventata l’agente fbi Anna Wells (Maggie Q), che come una sorta di Claire Danes dei poveri riesce da sola a tenere testa a dei pericolosi terroristi.
Oltre al presidente, anche gli altri protagonisti dei primi episodi, come i due collaboratori più stretti Aaron Shore (Adan Canto) e Emily Rhodes (Italia Ricci) sono stati relegati a ruoli di secondo piano, in favore di nuovi personaggi piuttosto banali e considerabili come da clichè come il capo dell’FBI Forstell, intento solo ad urlare americanate tipo: “Lei è una minaccia per la sicurezza nazionale” o l’autoritario ministro degli esteri ed ex Presidente Cornelius Moss.
LA SECONDA PARTE DI STAGIONE DI DESIGNATED SURVIVOR RAPPRESENTA UN NETTO PASSO INDIETRO RISPETTO AI PRIMI DIECI EPISODI. E’ COME SE CON LA PAUSA NATALIZIA BABBO NATALE SI FOSSE PORTATO VIA TUTTO QUELLO CHE C’ERA DI BUONO, LASCIANDO UNA SERIE TV CHE HA PERSO TUTTA LA SUA ORIGINALITA’ PER INSEGUIRE COMPLOTTI E INTRIGHI COME CE NE ERANO GIA’ TROPPI E DI MIGLIORE QUALITA’
VOTO 5
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