Vi presentiamo la recensione de “Il Campione“ di Leonardo D’agostini, regista che scava oltre le vittorie sul campo esplorando l’intimità di un giovanissimo fuoriclasse dell’AS Roma.
Christian Ferro (Andrea Carpenzano) é la punta di diamante dell’AS Roma, un giovanissimo fuoriclasse ribelle e totalmente fuori controllo. Finisce sulle prime pagine dei giornali più per le sue bravate che per le gesta sul campo da calcio. Dopo l’ennesima denuncia, il Presidente della squadra (Massimo Popolizio) esasperato, prova a rimettere in riga il ragazzo affiancandogli un tutor, con la speranza che il giovane calciatore si autodisciplini e studi per ottenere il diploma di maturità. Sono tantissimi gli insegnanti che si presentano per l’ambito ruolo, tutti pronti ad idolatrare il ragazzo per le sue azioni ma solo Valerio (Stefano Accorsi) riesce ad convincere il Presidente di essere la persona più adeguata per educare Christian.
Valerio e Christian sono opposti l’uno dall’altro, appartengono a mondi diversi: Valerio non conosce CF24 -come lo chiamano i tifosi- prova a conoscerlo per quello che é. Si studiano a vicenda, provano a comprendere cosa li affligge, quale sofferenza nascondono entrambi.
Se Valerio preferirebbe non parlare della sua perdita a causa di un senso di colpa che lo logora, Christian vede in lui qualcuno che possa comprendere la sua sofferenza. Una ferita che aveva provato ad ignorare, ma incontrare Alessia (Ludovica Martino), una ragazza proveniente dal suo quartiere originario, lo costringe ad affrontare le sue paure.
Il Commento
Quando hai gli occhi tutti puntati su di te, é ancora più forte la paura di rimanere solo.
Negli ultimi anni, lo spettatore si é imbattuto con frequenza in alcune storie di grandi campioni dello sport, basti pensare ai biopic su Tonya Harding (I,Tonya) o Bjorn Borg e John McEnroe (Borg McEnroe), ma “Il campione” é il primo vero film italiano che prova ad esplorare il mondo del calcio più da vicino.
Probabilmente é ancora presto per vedere sullo schermo biopic di grandi campioni nostrani, ma nel personaggio di Christian Ferro interpretato magistralmente dal (finto) sprovveduto Andrea Carpenzano possiamo riconoscere scene di vita di alcuni bomber del nostro passato calcistico, merito anche di una scrittura eccellente della sceneggiatura a cura di Antonella Lattanzi, Leonardo D’agostini e Giulia Steigerwalt.
Il regista Leonardo D’agostini, al suo debutto sul grande schermo, sceglie di ambientare la sua storia in un mondo da sempre invidiato, sotto gli occhi degli spettatori ogni settimana ma che in pochi conoscono realmente. Una realtà dove si può vivere in vetta e circondato da folle adulanti e in pochissimo tempo, ritrovarsi profondamente soli senza che nessuno creda più in te.
“Il campione” si presenta come un classico romanzo di formazione, dove un ragazzo dallo smisurato talento é senza freni, osannato fin quando fa raggiungere ottimi risultati al suo team ma, completamente solo e incompreso da chi lo circonda. Necessita di una guida genuina e, sopratutto, di un porto sicuro rappresentato da una ragazza con le sue stesse radici, che vede in lui il bambino irruento del quartiere in cui sono nati. Ottima la scelta di Ludovica Martino nel ruolo di Alessia, una ragazza semplice che lavora a Trigoria per pagarsi gli studi in medica e che non smania per ricevere le attenzioni del campione o per decidere sulla sua vita, lei gli ricorda chi é stato e chi dovrebbe essere Christian Ferro.
Il film funziona, ha una narrazione piacevole seppur elementare, dove il mondo sportivo viene sfruttato più per avvicinare una tipologia di pubblico distante dalle sale ma, allo stesso tempo, incuriosisce e mostra allo spettatore le abilità tecniche di chi ci ha lavorato. Le riprese dei goal, dello stadio, il montaggio meritano un sincero apprezzamento per chi ha operato negli effetti visivi, ottenendo un effetto realistico (le riprese degli spalti sono presi da una registrazione all’Olimpico, mentre il campo da gioco é il campo di Pisa).
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