Recensione di Les Goûts et les Couleurs (I Gusti son Gusti), un film Netflix
I Gusti son Gusti (Les Goûts et les Couleurs) è un film distribuito sul catalogo di Netflix, scritto e diretto da Myriam Aziza. Questa è la nostra recensione.
Simone (Sarah Stern) è una ragazza omosessuale che convive con Claire (Julia Piaton) all’insaputa dei propri genitori e del fratello più grande, la motivazione è legata al fatto che si tratta di una famiglia ebrea che di certo non può accettare una figlia Gay. La vita di Simone però sarà sconvolta dall’amicizia che la lega al cuoco senegalese Wali (Jean-Christophe Folly).
RECENSIONE
Dopo un inizio piuttosto intrigante ed interessante, I Gusti son Gusti scivola lentamente verso una sequenza di stereotipi anche piuttosto offensivi sui gusti sessuali e sulle scelte religiose. La possibilità di trattare un argomento delicato come quello dell’omosessualità contestualizzato all’interno dei rapporti familiari legati al background religioso dei protagonisti poteva essere l’occasione per creare una commedia semplice, spiritosa e furba, ma purtroppo non è andata così. La Aziza finisce difatti per descrivere solo sommariamente le caratteristiche caratteriali dei singoli personaggi e li relega all’interno di cliché obsoleti e denigratori.
Il cast, anche se poco conosciuto in Italia, è ben assortito e gli attori son piuttosto bravi. La Stern in particolare, recita bene il suo ruolo, anche se col passare dei minuti, colpa della caratterizzazione tediosa del suo personaggio, si tende ad odiarla.
Il colpo di grazia ad un film dalle buone potenzialità, ma privo di mordente arriva però da un finale “tragicamente” deludente che non fa altro che mettere una pietra tombale sulla possibilità di sperare che un buon finale potesse ridare spinta verso l’alto alla qualità complessiva della pellicola.
A nostro parere si tratta di un vero peccato. L’intreccio che è stato costruito intorno alla vita si Simone, poteva dare spunto a molti ragionamenti e poteva aiutare a sdoganare dei preconcetti sulle scelte sessuali delle persone, che la regista cerca di “spiegare”, ma che in realtà – come qualsiasi rapporto d’amore – non hanno bisogno di spiegazioni.
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