[Recensione] Gold – La grande truffa, il film con Matthew McConaughey
Gold – La grande truffa (Gold) è un film diretto da Stephen Gaghan e interpretato da Matthew McConaughey, Edgar Ramirez, Bryce Dallas Howard, Corey Stoll e Bruce Greenwood. Il film è ispirato a fatti realmente accaduti, ma i nomi dei personaggi e alcuni dettagli sono stati cambiati.
Nell’America degli anni ’80, Kenny Wells è un uomo che ha ereditato la compagnia mineraria dal padre, creata a sua volta dal nonno, sognando e cercando disperatamente l’oro. Per compiere quest’impresa, si rivolge al geologo Michael Acosta che lo accompagna in Indonesia. Qui, dopo giorni difficili senza successo, riescono a trovare il tanto agognato oro. Wells, ora, è pronto per fare il balzo definitivo a Wall Street, ma la sua fortuna è destinata a non durare per sempre, nonostante le avvisaglie della moglie Kay.
Gold – La grande truffa s’inserisce in quel filone di film che vogliono raccontare l’ascesa e l’inevitabile declino di un self-made man nell’opulenta America reaganiana che cerca in tutti i modi e con tutte le sue forze di raggiungere e ottenere il sogno americano caratterizzato, in questo caso, dall’oro.
Da alcuni (per non dire molti) paragonato a The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese, il film di Gaghan si ispira a un fatto realmente accaduto per raccontare la storia di un paese che tutto offre, ma che poi presenta il conto ma si differenzia dal film di Scorsese proprio per il personaggio che vuole rappresentare. Il personaggio di McConaughey, mai così stempiato e ingrassato, a differenza del Jordan Belfort di Leonardo DiCaprio, è un sognatore inseguitore dell’american dream la cui (bonaria) follia può essere paragonata a uno dei personaggi del cinema di Werner Herzog più che a quello di Scorsese: la sua ossessiva ricerca dell’oro è direttamente proporzionale alla sua voglia di riscatto e a quella di portare avanti il nome che fu di suo nonno, prima, e di suo padre, poi.
Il nome di Herzog è stato fatto e non a caso: nella prima parte, infatti, il film sembra recuperare lo spirito e l’atmosfera di quel capolavoro che è Fitzcarraldo in cui un uomo, anch’esso determinato a compiere un’impresa più grande di lui, si inoltrava nell’Amazzonia per costruire un teatro operistico. In Gold, il protagonista può essere considerato un emule di quel personaggio per la forza con cui è determinato a portare a termine l’impresa che, a un certo punto, gli si ritorce contro proprio per l’impossibilità dell’essere umano di soggiogare la natura – e, di conseguenza, il proprio ego. Ma il livello dei personaggi di Herzog resta inarrivabile, perché Gaghan sembra rispettare troppo il suo protagonista per riuscire a guardarlo con giusta distanza critica che un film del genere richiederebbe.
Inoltre Gaghan, che lavora su una sceneggiatura di Patrick Massett e John Zinman, non sempre riesce a imprimere al racconto quell’epicità necessaria per trasformare il racconto in un emblema dell’arrivismo americano e la narrazione, in più punti, risulta sfilacciata oltre che non amalgamata, perché a una prima parte dove viene rimarcata l’atmosfera selvaggia dell’Indonesia, la seconda vorrebbe mostrare che anche Wall Street è una giungla irta di insidie e pericoli. E proprio in questo frangente il film arriva fuori tempo massimo, focalizzandosi troppo sul protagonista, la cui bravura oggettiva di McConaughey rischia di offuscare il racconto mostrando gli eventi con una certa prevedibilità e non riuscendo tuttavia a evitare la sensazione di déjà-vu. A Gaghan, però, va dato il merito di essere riuscito a farci identificare con Wells facendoci vivere le sue disavventure e facendoci sentire colpiti nel cuore nel momento del colpo di scena finale.
Quella di Gold – La grande truffa è un’occasione riuscita in parte che, nonostante una regia accorta e moderna che riesce a imprimere un ritmo quasi sempre alto alla narrazione, c’entra solo in parte l’obiettivo, mancando l’impresa (quella si) di trasformare il discorso a livello universale.
Voto: 6
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