E’ appena sbarcata su Netflix la seconda stagione dell’apprezzata “docuserie” Impero Romano: Potere e Sangue. Questa è la nostra recensione.
Dopo aver trattato le gesta dell’imperatore Commodo nella prima stagione (qui la recensione), questi cinque nuovi episodi saranno dedicati a Giulio Cesare. Il format, ancora una volta, è quello del Docu-Drama, che alterna parti recitate a scene narrate dalla profonda voce del grande Sean Bean.
LA TRAMA
Discendente di una nobile famiglia caduta di rovina, il giovane Giulio Cesare è dotato di una sfrenata ambizione e determinato ad arrivare ai vertici dello Stato romano. Attraverso straordinarie imprese militari ed audaci mosse politiche, Cesare segnerà la definitiva trasformazione della gloriosa Repubblica Romana in un Impero comandato da un solo uomo. Ma questa insaziabile sete di potere verrà pagata a caro prezzo.
LA RECENSIONE
La prima stagione di Impero Romano: Potere e Sangue, è stata un discreto successo. Un prodotto dignitoso e storicamente più accurato del solito. Quest’anno quelli di Netflix hanno deciso di andare sul sicuro, scegliendo l’argomento e l’uomo più conosciuto nella storia di Roma e forse dell’Occidente, Giulio Cesare.
Si tratta di una scelta non particolarmente originale, considerando quanti film, documentari e serie tv si siano già occupati del grande generale e politico romano. D’altronde, si sa, la storia in tv è una materia complessa, sempre a rischio di disinteresse e, così, quasi mai i produttori si prendono la briga di rischiare con storie e personaggi innovativi, meno conosciuti.
E infatti, Impero Romano: Potere e Sangue, come fu lo scorso anno, rimane anche in questa seconda stagione una serie piuttosto commerciale. Il modo in cui recitano gli attori, le frasi utilizzate dagli storici che intervengono in studio, la spettacolarizzazione di alcune scene. Tutto, insomma, è pensato per piacere ad un pubblico molto vasto, ad una platea di neofiti.
Ciò non vuol dire che questo Docu-Drama sia un prodotto di pessima qualità, tutt’altro. Impero Romano: Potere e Sangue, rimane una miniserie ben realizzata ed assolutamente appassionante. Così come lo scorso anno, anche questi nuovi episodi si contraddistinguono per una brillante fusione tra la voce di Sean Bean (usate l’audio originale sottotitolato, vi prego!!), le parti recitate e gli interventi degli studiosi.
La formula funziona, permette di tenere sempre alta la soglia di attenzione senza però compromettere eccessivamente il rigore storico, che ancora una volta si conferma al di sopra della media e, addirittura, di un altro pianeta rispetto al disastroso Barbarians: Roma sotto attacco, di History Channel. In più, rispetto allo scorso anno, questa nuova stagione ha la capacità di inquadrare maggiormente il periodo storico nel suo complesso, senza focalizzarsi eccessivamente sui singoli personaggi, seppur importantissimi come Cesare.
Purtroppo però, questa nuova saga dedicata a Giulio Cesare continua a portarsi dietro dei difetti che avevano già afflitto gli episodi riguardanti Commodo. La scenografia è votata al risparmio più assoluto. Le scene di battaglia sono pessime e in alcuni casi rese ridicole da una computer grafica di basso livello. L’assedio di Alesia, una delle più grandi imprese militari nella storia dell’umanità, sembra una scazzottata da bar tra ubriaconi.
Inoltre l’aspetto delle vicende militari nel loro complesso è piuttosto trascurato. Un difetto non da poco se si pensa che Cesare, insieme a Napoleone, è considerato il più grande condottiero di tutti i tempi. In generale tutta la prima parte della vita di Cesare, sino al Rubicone, si riduce a poco più di un episodio, in modo da dare più risalto al Giulio Cesare politico, dittatore, alla congiura di Bruto etc.
Questa eccessiva compressione degli eventi è dovuta principalmente alla singolare scelta di produrre solo cinque episodi. Nella prima stagione su Commodo, personaggio neanche paragonabile a Cesare come rilevanza storica, le puntate erano sette. Non si capisce per quale motivo un pilastro della storia mondiale come Giulio Cesare, debba meritare 90 minuti di show in meno.
Altro problema è quello relativo alla sconvolgente assenza di alcuni fondamentali personaggi storici dal documentario. Cicerone, incredibilmente, non viene neanche nominato e Ottaviano Augusto, nipote di Cesare e futuro imperatore, viene solo accennato nei secondi finali. Un peccato, perché nel complesso gli sconosciuti attori di questa serie recitano molto bene, a partire da Ditch Davey, convincente Giulio Cesare pur avendo un aspetto molto più da barbaro germanico che da romano.
Infine, menzione d’onore per due aspetti che permettono a questo documentario di raggiungere ampiamente la sufficienza. Le musiche sono spettacolari, coinvolgenti e perfettamente adatte ad un’ ambientazione storica come questa. La sigla iniziale è un piccolo capolavoro, una delle migliori degli ultimi anni, talmente bella da volerla rivedere e riascoltare all’inizio di ogni episodio.
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