E’ in uscita il 21 ottobre in tutte le sale italiane il pluripremiato Io, Daniel Blake, di Ken Loach, vincitore della Palma D’Oro 2016. L’ultima fatica del regista inglese è un capolavoro straordinario che rappresenta indubitabilmente l’apogeo della sua filmografia basata sui temi del sociale e sull’attenzione alle classi più popolari.
TRAMA:
Daniel Blake, 59 enne falegname di Newcastle, è costretto a chiedere per la prima volta nella sua vita un sussidio statale a causa di un infarto che lo rende inabile al lavoro. Il suo medico gli ha proibito di lavorare, ma a causa di incredibili incongruenze burocratiche si trova nell’assurda condizione di dover comunque cercare lavoro – pena una severa sanzione – mentre aspetta che venga approvata la sua richiesta di indennità per malattia. Durante una delle sue visite regolari al centro per l’impiego, Daniel incontra Katie, giovane madre single di due figli piccoli che non riesce a trovare lavoro. Entrambi stretti nella morsa delle aberrazioni amministrative della Gran Bretagna di oggi, Daniel e Katie stringono un legame di amicizia speciale, cercando di darsi sostegno e aiutarsi come possono in questa situazione molto complicata.
IL FILM:
Ken Loach è sempre stato un regista politicamente molto impegnato. Laburista di ferro, la sua specialità è costituita da crudi affreschi di una Gran Bretagna operaia, sofferente, lontana dalle luci della ribalta londinese.
Con Io, Daniel Blake il regista e lo sceneggiatore Paul Laverty hanno voluto proseguire su questo filone, raccontando stavolta il dramma della burocrazia che gestisce il sistema degli sussidi di disoccupazione e invalidità nel Regno Unito. Non casualmente, la location scelta è la città di Newcastle, in quel nord-est dell’Inghilterra colpito durissimo dalla deindustrializzazione, dalla disoccupazione e nel quale la gente si sente molto abbandonata dal parlamento di Westminster.
Ebbene, è inutile girarci in torno, questo film racconta una storia di inaudita potenza, così vera, così ben narrata, così triste ma bella allo stesso tempo. Attraverso le vicende dei due protagonisti, il falegname 59 Daniel Blake (Dave Johns) e la ragazza madre Katie (Hailey Squires), interpretati da due attori semi sconosciuti ma incredibilmente bravi, Loach è riuscito ad arrivare al cuore di tutti gli spettatori. Credo che sia impossibile per chiunque, anche coloro i quali sono meno sensibili ai temi sociali, rimanere impassibili davanti a questo film.
Le vite di Daniel e Katie appaiono così incredibilmente reali a chi guarda. Non si tratta di una di quelle storie forzatamente tristi, con l’unico scopo di far scappare la lacrimuccia a chi guarda, si tratta di un affresco incredibilmente realistico, che riesce nel miracolo di dipingere per quello che è il volto più oscuro di un Paese considerato da molti “al top”, senza però trascurare le interazioni tra i personaggi.
La relazione di amicizia tra un vedovo che non riesce ad avere il sussidio che gli spetta dopo una vita di lavoro e una ragazza madre con due bambini che non sa come dare da mangiare ai suoi figli è infatti assai autentica quanto originale. Non ci sono stupidi e scontati flirt, tresche o quant’altro, sono un profondo legame tra due persone che cercano di sopravvivere in una società che non è fatta per loro. Ma anche quei (pochi) personaggi secondari che popolano la Newcastle dei ceti popolari sono così sapientemente inseriti. I ragazzi neri che si arrangiano rivendendo scarpe di contrabbando, gli impiegati della versione britannica dell’Inps che rendono ancora più atroce la problematica di Daniel, gli addetti alle Food Banks, una sorta di Caritas Inglesi che ogni giorno sfamano migliaia di persone.
IN SINTESI:
IO, DANIEL BLAKE, E’ UNA STORIA QUANTO TRISTE TANTO MERAVIGLIOSA, UN FILM A CUI PENSERETE PER SETTIMANE. KEN LOACH SI E’ SUPERATO, I PREMI SONO STRAMERITATI E NON CI SONO SCUSE PER NON ANDARE SUBITO AL CINEMA.
VOTO 8,5
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